Ventura la chiama malizia ma basterebbe chiamarla attenzione. Quella che dovrebbe avere una squadra in vantaggio 3-2 dopo una rimonta invece di farsi beffare a poco più di un minuto dalla fine, a difesa schierata. L’attenzione di una squadra che ha fame, che ha voglia, che vuole a tutti i costi portare a casa il risultato pieno per dimostrare di esserci e di poter dire molto di più di quanto al momento non dica questa classifica. Una squadra che avrebbe mangiato l’erba pur di stare per una notte davanti a tutti, che forse con la Lazio avrebbe perso comunque ma che ieri non avrebbe mai permesso al Genoa di trovare quel gol del 3-3. No, così non va, ed è anzitutto la difesa ad essere sotto esame: la verità è che la retroguardia granata ha abituato talmente bene che ora si fa fatica a riconoscere Glik e Moretti, che di giornate storte ne hanno avute in carriera ma mai così ravvicinate.

Due punti in quattro partite sono pochi in generale e lo sono ancora di più per un Torino che ha sprecato varie opportunità con squadre più che alla portata (Carpi, Milan e Genoa solo per citare le ultime): una volta l’approccio, un’altra la mentalità, un’altra un insieme di errori. E intanto a pochi giorni dal derby questa squadra sembra far fatica a decollare.

Se non avessimo visto nelle prime giornate un Toro a tratti spumeggiante, che gioca sempre la palla senza mai buttarla via e che anche grazie all mercato estivo ha degli uomini in grado di fare la differenza, forse saremmo meno critici potendo prendere atto della mediocrità. Questo, però, non è il caso del Toro: l’emergenza c’è, non è un’invenzione, ma non serve a giustificare una tale flessione. Non serve nemmeno a spiegare perché il Toro si sia buttato via: sarà un momento, sarà una parentesi, ma quanto peseranno questi punti alla fine di un campionato livellato come quello di quest’anno?

 

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La rivincita di Zappacosta: un gol che allontana le paure

La rassegna stampa del 29 ottobre 2015