Meno male che questa stagione è finita: su questo tutti sono d’accordo con Ventura, finalmente, dopo mesi di battutine, litigi, scontri e prese di posizione. Meno male che questo campionato è pronto per essere archiviato, ma non dimenticato: perché se la storia insegna il passato recente può essere utile per non commettere più gli stessi errori. O almeno dovrebbe.

Diciassette sconfitte, come nemmeno nella peggior stagione granata in A di Ventura (nel 2012/2013 furono 14 i ko anche se meno i punti, 39, considerato il -1 di partenza), ma soprattutto una lunga e interminabile agonia: altro che rammarico, il Torino da dicembre ad oggi è sembrato molto più simile ad un malato terminale, circondato da parenti e amici che ad ogni sussulto gridavano al miracolo, alla ripresa. Pura illusione: l’arrivo di Immobile, i gol di Belotti (unica nota lieta dell’intera annata), la vittoria di Milano. L’asticella non si è alzata, gli obiettivi si sono trasformati (da Europa a salvezza a parte sinistra della classifica) a seconda delle esigenze e il risultato finale è quello di una squadra il cui valore è calato vertiginosamente e che, soprattutto, avrà bisogno di una bella rinfrescata.

Sarà qui che si vedrà se, dopo dieci anni e un po’ d’esperienza in più, proprietà e dirigenza sapranno individuare il problema intervenendo nel modo giusto. Mai come stavolta il presidente granata si troverà di fronte ad un bivio: dimenticare una stagione amara dopo una campagna acquisti importante e anche dispendiosa (da Belotti, a Zappacosta, Baselli, Obi, Avelar, Acquah) o mandar giù il boccone, memore di quanto costruito negli anni precedenti? A differenza del passato, stavolta il Toro ha fatto un netto passo indietro, nelle idee e nel gioco, oltre che in classifica. L’ambiente si è spaccato e una parte della tifoseria non gradirebbe la conferma di Ventura. Ma la palla passa ora a Cairo, unico in grado di decidere quale strada intraprendere: il rendimento del Toro in questa annata è sotto gli occhi di tutti e certamente il presidente sa che stavolta la sua decisione avrà un peso non indifferente.
Sul banco degli imputati si sono alternati Ventura, la vecchia guardia, i nuovi arrivati, la squadra tutta mentre il patron è sempre rimasto sullo sfondo: non gli sarà possibile rimanere in disparte se stavolta la scelta, qualunque essa sia, dovesse rivelarsi quella sbagliata. 

 

 

 


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