C’è voglia di Toro, in quel dicembre 2006.
C’è voglia di Toro, quando, al termine del match del Centenario contro l’Empoli, ebbri della parata di vecchi amici e grandi eroi prima della gara, euforici per la rete in extremis di Comotto, col senso di colpa per il gol non visto di Marianini, si urla che si andrà a Milano.
C’è voglia di Toro, perché dopo un inizio balbettante, sembra che Zaccheroni abbia rimesso in sesto questa squadra che, finalmente, si può godere una A senza Juventus e, dopo tre vittorie consecutive, sembra pronta a spiccare il volo.
C’è voglia di Toro, perché l’intenzione di andare nella San Siro rossonera non rimane ancorata alle parole, ma, dopo tre anni di Purgatorio, dopo il fallimento, dopo la rinascita, bisogna andare alla Scala del Calcio con l’abito buono e l’abito buono vuol dire che riempire il settore ospiti è il minimo, ma forse non basta, bisogna anche farsi trovare sparsi nelle altre parti dello stadio.
C’è voglia di Toro e al “Meazza”, quel giorno, la gente risponde presente, perché non ci vinciamo in campionato dal 1985 e quando Schachner ci ha messo la zampa su assist di Pileggi, molti non erano ancora nati o erano troppo piccoli. Ma la gente risponde presente anche perché, nell’ultima calata a San Siro, fu 6-0 per i rossoneri, con Inzaghi a ballare sui cadaveri: un’onta da cancellare.
C’è voglia di Toro e il Toro di Zaccheroni, all’inizio, non sembra sentirla, sta ordinato, sulle sue, non vuole stuzzicare un Milan in crisi. Poi, nel secondo tempo, il Toro si guarda intorno e vede che la sua gente è accorsa in massa, chi dice cinquemila, chi dice ottomila, il Toro sa solo che è tanta. E gioca. Rosina slalomeggia e Maldini deve tradurre in realtà ciò che faceva in uno spot. Comotto, per un soffio, non consolida la fama di difensore bomber. Ancora Rosina impegna Kalac da fuori.
C’è voglia di Toro, ma al 79’ c’è paura: l’arbitro Girardi indica il dischetto per un intervento di Cioffi, Gilardino angola troppo, la palla sul palo, il boato che ne consegue ci fa sembrare in casa, l’immagine si allarga e vedi gente che salta e si abbraccia ovunque.
C’è voglia di Toro e Muzzi ne è una delle migliori incarnazioni recenti, ha nella pancia una voglia di vincere pazzesca e per poco non ci riesce quando colpisce palo e traversa nella stessa azione, poco prima De Ascentis non aveva agganciato un pallone importante in area, poco dopo, sempre Muzzi, per poco non costringe Kalac alla paperissima. Il gol di Schachner rimane solo scalfito da questo Toro, ma la voglia di Toro è qualcosa di strano, ti fa gonfiare il petto anche quando non vinci, ma fai il Toro e fare il Toro vuol dire giocare così, cattivi, grintosi, con la voglia di buttare il cuore oltre tutto.
C’è voglia di Toro e c’è ancora, travalica gli anni. E’ passata da quel dicembre in cui abbiamo assistito a uno dei pochi lampi che ha regalato il 2005/2006 ai giorni nostri: ha attraversato mediocrità, lacrime, nervoso, poi orgoglio ritrovato, soddisfazione, sentimento. La respiri dappertutto, allo stadio, sui social, quando gioiamo, quando litighiamo. La respiri al Museo, la respiri intorno a Junior che ci viene a trovare, la respiri intorno ai nostri nuovi beniamini.
C’è voglia di Toro e l’estate sarà dura, si spera nella qualificazione in Europa League per avere calcio che conta prima degli altri, per riempire il cuore, perché tra due giornata il campionato finisce e il Toro ci mancherà e allora cercheremo di arrabattarci come possiamo, tuffandoci nel mercato o andando a riguardare video vecchi su YouTube, quelli delle vittorie e anche quelli un po’ più amari, che tanto puoi fermare le immagini prima che arrivi un gol che ti fa male: io l’ho fatto ieri sera rivedendo un Samp-Toro 2-2 del 1985, ho stoppato dopo il palo di Serena e prima della rete di Francis. Nella mia testa abbiamo vinto 2-1: punizione di Leo.
C’è voglia di Toro, sempre. E per questo, domenica sera, al di là delle speranze in un’Europa complicata, sarebbe bello vincere, sovrapporre al già citato gol di Schachner qualcosa di nuovo, qualcosa che ci possa fare compagnia tutte le volte che abbiamo voglia di Toro.


Valeri, l’arbitro dei pareggi

“Da Singapore, vi racconto il mio amore per il Toro”