La stagione 1997/1998 si apre, per i colori granata, come peggio non potrebbe. In panchina c’è lo scozzese Graeme Souness, un passato da calciatore in Italia con la maglia della Sampdoria negli anni Ottanta e un pedigree da tecnico di tutto rispetto, avendo allenato Liverpool, Galatasaray e Southampton. Il nostro calcio, però, è tutt’altra cosa e dopo sei giornate il Toro ha racimolato solamente sette punti, frutto di due vittorie ed un pareggio, sui 21 disponibili. Dopo il tracollo di Verona (4-0 contro l’Hellas) il presidente Vidulich decide per la sterzata; via lo scozzese, al suo posto Edy Reja, allenatore di lungo corso spesso su panchine scomode di provincia.

 

L’esordio del friulano è traumatico, al Delle Alpi il Venezia dell’ex Novellino passeggia sui resti dei granata, calando il poker in un silenzio irreale. Ma poco alla volta la squadra si ritrova, presa per mano da Lentini, Bonomi, Asta e Ferrante. Il Toro risale la classifica, e dalla primavera del 1998 è stabilmente in lizza per un posto in Paradiso; c’è però un avversario temibile, con il quale i granata faranno a sportellate fino al duello finale, ed è il Perugia di Ilario Castagner e del vulcanico presidente Luciano Gaucci.

 

Si arriva così all’ultima curva, il 21 giugno dello stesso anno; il teatro è lo stadio di Reggio Emilia, stipato all’inverosimile e traboccante di bandiere granata e l’atmosfera pre gara è stata tutt’altro che tranquilla. In campo infatti, il clima è subito incandescente e non solo per le condizioni atmosferiche. L’arbitro Cesari espelle Tricarico dopo sette minuti, Toro in dieci. Ma d’altronde che Toro sarebbe senza sofferenza? Gli umbri passano alla mezz’ora della ripresa, grazie ad una zampata di Tovalieri, a cui replica Ferrante dopo una manciata di minuti.
Le squadre ormai vanno avanti solo più con la forza dei nervi, gli schemi saltano del tutto. Ma il risultato di parità non cambierà più, neanche dopo i tempi supplementari.

 

La serie A si assegna dunque ai calci di rigore. E quando si tratta di una lotteria, si sa che il Toro non ha mai il biglietto vincente con la sorte. Le prime sei esecuzioni sono tutte vincenti, ma il quarto rigorista granata è l’inglese Tony Dorigo: calcia bene, benissimo, forse troppo. Pagotto si tuffa dalla parte opposta, non ci sarebbe mai arrivato se quel maledetto palo non avesse respinto la sua conclusione, emettendo un lamento che risuona ancora nelle nostre orecchie. Carparelli, quinto rigorista, fa a pieno il proprio dovere, trasformando. Lo farà però anche Tovalieri, quinto designato dagli umbri.
Perugia in A e Toro all’inferno, in una delle giornate più granata della nostra storia.


Primavera, i protagonisti dello scudetto: Simone Rosso

La rassegna stampa del 21 giugno 2015