Compie 70 anni l’indimenticabile esterno del Torino dello Scudetto: Sala, Pulici e Graziani, un attacco favoloso a disposizione di Radice
Uno degli ultimi romantici del calcio, di quel calcio fatto di genio e fantasia. Claudio Sala ha da poco compiuto 21 anni quando esordisce in serie A con la maglia del Napoli, dove è stato scelto come l’erede di Omar Sivori. Per lui, ci sono molti presidenti pronti a far follie; alla fine la spunta Orfeo Pianelli, che firma un assegno da 470 milioni al presidente Achille Lauro e si assicura le prestazioni del ragazzo di Macherio. Vince quasi subito la Coppa Italia (stagione 1970/71) diventando sempre più pedina insostituibile nello scacchiere granata, prima con Giancarlo Cadè e successivamente con Giagnoni e Fabbri. Ma è con Radice che Claudio diventa per tutti il “poeta”. Il tecnico lombardo gli mette subito sulle spalle il numero 7, che Sala all’inizio non ama affatto. Ma quando la macchina olia i meccanismi, Sala esplode: inizia a disegnare parabole meravigliose e traiettorie incredibili, pennellando i suoi cross, che i gemelli Pulici e Graziani trasformano in gol, portando il Toro sul tetto d’Italia, ventisette anni dopo gli Invincibili. Di quella squadra non è solo il capitano, ma è uno dei trascinatori.
Giocatore tecnicamente straordinario, raccoglie in Nazionale molte meno soddisfazioni di quelle che in realtà avrebbe meritato, mettendo assieme appena una quindicina di presenze, chiuso nel ruolo da Franco Causio. 360 presenze in granata, lo collocano al quarto posto tra i granata più gettonati di sempre, alle spalle di Giorgio Ferrini, Paolino Pulici e di Renato Zaccarelli. Ma con un posto speciale, da sempre, nel cuore dei tifosi.
