Dopo due eliminazioni ai sedicesimi, stavolta il Toro centra l’obiettivo e torna a vincere dopo una domenica complicata: è solo il primo passo
Di buono c’è che il Torino, innanzitutto, si sia qualificato agli ottavi. Non succedeva da tre anni: la scorsa stagione l’eliminazione per mano dell’Empoli, dodici mesi prima quella per mano del Frosinone. Il minimo? Certamente, però è bene sottolinearlo. Una vittoria un po’ risicata, 1-0 come già a Roma e come prima ancora col Modena. Di misura, con un pizzico di brivido nel finale, quando la squadra è andata a tanto così dal rovinare tutto nonostante una superiorità numerica che avrebbe dovuto garantire meno sofferenza. La sfida al Pisa – squadra che ha giocato con molte riserve e che ha comunque avuto la capacità di restare in partita fino all’ultimo minuto di recupero – poteva diventare pericolosa se affrontata nella maniera sbagliata. Così non è stato, almeno non del tutto, e questo ha consentito alla squadra di scrollarsi di dosso un po’ di paura, un po’ di ansia, dopo quel 3-0 ancora inspiegabile contro l’Atalanta. Un segnale, timido, ma se la squadra di Baroni fosse ammalata diremmo che non è un Torino del tutto fuori pericolo. A Parma ci sarà la solita verifica, lì si vedrà se quella con gli orobici è stata una sbandata e se quindi a Roma non si è trattato di un caso. Un passo avanti, due indietro: non è l’andamento che Baroni si aspetta, figurarsi i tifosi che alla squadra al momento danno tempo, al contrario di quanto accade invece con la dirigenza. Diversi sistemi di gioco, calciatori ancora da scoprire o da recuperare – Nkounkou, Njie, Dembélé -, altri da non perdere, come Adams, uscito dal campo non proprio felicissimo. I risultati aiuterebbero: nell’attesa di capire quale versione del Torino sia quella giusta non resta che aspettare lunedì.
