Calcio d’agosto, ma con un piccolo sentore di derby nell’aria. Domani il Torino affronterà il Savona in amichevole, una partita che avrà poco da dire sul campo, se non per testare la condizione atletica dei giocatori sia di Ventura, sia di Riolfo, l’allenatore dei liguri di Lega Pro. Che possono contare su qualche individualità interessante. Da un lato, l’ex Sampdoria e Sassuolo Jonathan Rossini. Dall’altro, Giuseppe Giovinco, “fratello d’arte” dell’ex juventino passato al Toronto, tra i giocatori più di talento del gruppo che si allena nella valtellinese Sondalo.

Ma possiamo davvero pensare che, nonostante tutto, abbia una piccola voglia di segnare al Toro?
No, credetemi. Per me questo non è un derby, è una partita come un’altra, lo era anche quando giocavo nella Primavera. E poi io al massimo tifo Toronto…

 

Ma a proposito di Sebastian, non deve essere facile giocare all’ombra di un fratello così noto.
In verità il problema non è mio, ma degli altri. Io posso essere solo che fiero di avere un fratello così. Siamo molto legati, anche se professionalmente devo ammettere che la cosa non mi ha aiutato. Siamo tanto vicini di età, ci sono soltanto tre anni di differenza tra noi, e il confronto costante da parte dei tecnici e degli osservatori mi ha limitato.

 

Anche adesso che Sebastian gioca al Toronto?
Questo lo credono tutti, ma per me ripeto non è un problema. Io sono Giuseeppe Giovinco, e se mi avessero trattato come tale, probabilmente avrei avuto un percorso diverso. È un problema di chi vuole guardare e di cosa si vuole guardare: si vuole guardare il giocatore, o il fratello di un altro giocatore? Io so in cosa ho sbagliato.

In cosa?
Aver scelto di giocare nella Juve. Sebastian da piccolo venne scartato dal Toro, e andò in bianconero. Io, invece, passai direttamente da lì: pensavamo di giovarne entrambi. Ma non nel senso di avere dei privilegi, sia chiaro: le cose vanno sempre sudate sul campo. Pensavamo però di poter avere degli stimoli diversi: invece il fatto che io fossi suo fratello poneva sempre un costante confronto. Avrei dovuto provare a giocare altrove, da subito.

L’anno scorso giocò per una parte di stagione al Pisa. Fu compagno di Gyasi: pensa che possa avere un futuro l’ex Primavera granata?
Sì, è un buon giocatore, ha delle doti e un buon modo di porsi. Ma deve saper scegliere bene: deve andare in una squadra con un allenatore che gli sappia dare del tempo, che gli permetta di sbagliare e imparare. Solo così potrà fare carriera davvero. Io per esempio, a furia di mettermi a disposizione, ho curato troppo poco il mio percorso, e sono rimasto penalizzato. Gyasi pensi bene alle sue scelte: se saranno giuste, avrà tante porte aperte.

E del Toro, conosce qualcuno?
Sì, Amauri. È l’unico giocatore con cui mi sono allenato qualche volta, quando venivo aggregato nella prima squadra della Juventus. Mi ha sempre dato tanti consigli, è molto alla mano e sa dare una mano ai giovani. Un ottimo uomo spogliatoio, senza dubbio.


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