Sono trascorsi 10 anni dal fallimento del Torino Calcio e dalla nascita del Torino FC: dieci stagioni che andremo a ripercorrere attraverso le voci dei protagonisti. Dall’annata 2005-2006, quella dell’immediata promozione, passando per gli anni della Serie B fino ad arrivare alle più recenti, con il ritorno in Europa dopo oltre vent’anni. 

 

 

 

I 60.000 del Delle Alpi, l’incredibile doppia finale playoff contro il Mantova, il presidente Cairo, arrivato pochi mesi prima al termine della peggiore estate della storia granata, portato in spalla, in trionfo, da Gianni De Biasi. La stagione 2005-2006 cominciò ufficialmente con l’insediamento di Urbano Cairo per concludersi con il trionfo dell’11 giugno: un Toro da ricostruire ma che con il passare dei mesi, a dispetto dei pronostici, riuscì a riconquistare quella serie A strappata solo un anno prima. Il calciomercato di settembre, grazie alla speciale sessione riservata solo ai granata, porto in dote quei giocatori che costruirono il successo del gruppo di De Biasi. Tra loro, l’ultimo a scendere dall’aereo e scendere in campo poco dopo fu Roberto Muzzi, uno dei fautori della promozione.   

 

 

Lei è stato uno degli attaccanti del primo Toro di Cairo. Che ricordi ha di quella stagione?
Ho un ottimo ricordo di quel periodo. Certo  l’inizio non è stato facile, ricordo che quando sono arrivato non avevamo nulla. Mancavano il campo, gli spogliatoi addirittura i palloni. Subito è stato un trauma ma poi è andata bene, il presidente aveva una gran voglia di fare bene.

 

Lei è arrivato a settembre, proprio prima di una partita.
Sì è vero, giocavo nella Lazio quando sono stato chiamato da Cairo e appena sceso dall’aereo sono andato dritto al campo. Ho giocato nel secondo tempo ed è stato un impatto bellissimo con tutti quei tifosi presenti allo stadio. È stato bello vedere tutta quella gente nonostante fossimo in Serie B e dopo il periodo difficile del fallimento. Fu veramente un bellissimo.

 

Ricorda la chiamata di Cairo? Cosa le disse per portarti al Toro?
Come dicevo quando Cairo mi ha chiamato ero alla Lazio. Non mi disse nulla di particolare ma io accettai subito la sua proposta. Mi ha convinto subito tanto che corsi a casa da mia moglie per dirgli di fare le valigie per andare a Torino. Da allora si è sviluppato un bellissimo rapporto con il presidente, quasi come un rapporto padre-figlio. Io ho un carattere particolare e lui sapeva farmi stare tranquillo anche nei momento meno positivi. Avevamo e abbiamo ancora un rapporto molto bello.  

 

Quindi siete rimasti in contatto.
Sì certamente, abbiamo tutt’ora davvero un buon rapporto. Cairo è sempre stato una persona splendida, anche nel momento in cui non ho rinnovato il contratto.

 

Cosa le disse in quell’occasione?
Io sapevo che non potevo dare il cento per cento perché avevo dei problemi fisici e lui mi fece capire che non aveva senso rimanere per giocare 10 minuti ogni tanto. Mi disse che dovevo far rimanere un bel ricordo di me al Toro e a Torino. Ripeto, io ho solo bellissimi ricordi e lo stimo molto soprattutto perché mi ha fatto conoscere il mondo Toro che è fondamentale e poi perché mi ha sempre dato molti consigli come un papà. Spesso gli chiedo ancora consiglio e qualche volta ne do io a lui.

 

Ad esempio?
Ad esempio Ventura. Sono stato io a consigliare a Cairo di prenderlo come allenatore. L’avevo avuto sia a Cagliari che a Udine e così ho consigliato al presidente di puntare su di lui.

 

Cosa può raccontare del Cairo di quel periodo? È vero che parlava spesso con voi?
Assolutamente sì, era sempre molto presente nello spogliatoio, trasmetteva tranquillità soprattutto nei periodi più bui. Anche quando andammo in Serie A ci sosteneva sempre. Poi ha cominciato anche a capire di calcio e questo aiutava. Quando è arrivato non faceva parte di questo ambiente ma ci ha messo davvero poco a capire come funziona il mondo del calcio.

 

Cairo però ha dichiarato di aver capito che doveva fare un passo indietro e non parlare più con i giocatori per non scavalcare l’allenatore. Cosa ne pensa?
Sinceramente a noi ha sempre fatto piacere. Poi ha sempre rispettato i ruoli. Non so negli anni successivi ma quando c’ero io lui ha sempre rispettato l’allenatore che era sempre presente quando veniva a parlarci. Ha sempre avuto un grande rispetto e si è sempre preso le sue responsabilità. Ci dava buoni consigli e a noi faceva piacere.

 

Quell’anno avete chiuso la stagione con la promozione. Cosa vi disse il Presidente?
Quell’anno fu molto particolare. Noi non ci conoscevamo tra di noi, c’erano grandi giocatori ma non avevamo mai giocato insieme né fatto il ritiro precampionato quindi non era facile. Ricordo però che Cairo venne da noi e ci disse io voglio andare in Serie A, ho fatto una squadra forte quindi voglio andare in Serie A. All’inizio pensammo che forse non sapeva bene com’era il campionato di Serie B ma alla fine ha avuto ragione lui. E noi volevamo accontentarlo perché lo meritava: è sempre stato un tifoso e un appassionato del Toro esattamente come sua mamma.

 

Come vede il Toro e il suo presidente oggi rispetto a quello del 2005?
Il Toro è forte, Cairo ha costruito una squadra importante in questi anni, e ha fatto crescere tanti giocatori fondamentali. Sinceramente penso che più andranno avanti e più potranno essere protagonisti. Cairo è molto ambizioso e piano piano ha dimostrato e conquistato grandi successi. Ci vuole tempo, bisogna fare un passo alla volta e lui lo sa. Cairo è una persona che è partita da zero e tutto quello che conquista l’ha conquistato con sudore e impegno quindi sa come arrivare al successo.

 

Cosa direbbe al presidente oggi?
Non posso dire nulla al presidente se non che sta facendo davvero bene. Spero che continui così perché se lo merita e se lo merita anche la gente del Toro. Penso sinceramente che finchè resterà Cario le cose andranno sempre meglio.

 

 


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