A piccoli passi da formichina, il Toro formato europeo rivede anche il suo monte ingaggi. Senza, però, pericolose “escursioni termiche” che possano far pensare a spese pazze senza margini di rientro. Se già a livello di gestione del budget di mercato, Cairo è stato applaudito per l’aver reinvestito totalmente quanto incassato (senza però rimetterci), una considerazione simile si può fare anche dal punto di vista della gestione ingaggi, che anzi, rispetto allo scorso anno, ha visto una riduzione di circa un milione di euro lordi, riportandolo ai livelli della fortunata gestione 2013/2014.

 

Qualche cifra: senza più gli onerosi stipendi di Larrondo e Barreto (che incidevano per quai 3 milioni lordi), il nuovo Torino di Ventura spende, emolumenti ad allenatore e staff esclusi, circa 23,5 milioni di euro lordi (il netto è di circa 11,75), esattamente come quando, in rosa, c’erano Cerci e Immobile. Da considerare, però, che quell’anno vennero rivisti, verso la fine della stagione, gli ingaggi di Glik, ancora in rosa, e Darmian che, invece, è passato al Manchester United: adeguamenti contrattuali che avevano contribuito ad alzare a poco più di 24,5 milioni di euro lordi il monte ingaggi dello scorso campionato, le cui voci maggiormente incidenti erano quelle che facevano riferimento a Quagliarella e Amauri, ancora in squadra.

 

Lo stipendio medio dell’attuale rosa è di circa 500mila euro, che viene bene o male percepito dalla stragrande maggioranza del gruppo (da Baselli, a Zappacosta, allo stesso Glik; più basso l’ingaggio di Peres con 400mila euro netti e di Maksimovic, che ne guadagna 300mila), fatto, questo, che impedisce particolari sbalzi di valore tra i giocatori. Ma al di là del discorso di gruppo, fa ancora più “rumore”, e probabilmente in senso positivo, la forte differenza che caratteriza il Toro, che aveva e tuttora ha ambizioni europee, dalle squadre che, lo scorso campionato, si erano qualificate per l’Europa League o che, il riferimento è alla Lazio, sono finite in questa competizione dopo aver perso alle eliminatorie di Champions League.

 

Più vicino al Toro è il monte ingaggi della Sampdoria, che si attesta intorno ai 28 milioni di euro lordi (molti stipendi superano però il milione di euro netti, cifra che, in granata, viene raggiunta soltanto da Quagliarella). Poi c’è la Fiorentina, che arriva a toccare quota 40 milioni di euro lordi. Infine, una vera e propria voragine. Perché la Lazio, per Klose e compagni, riconosce uno monte stipendi lordo di circa 53 milioni di euro e il Napoli di Sarri arriva invece a superare quota 70 (ci si attesta intorno ai 72 milioni di euro). Ancora più onerosi sono le somme degli stipendi delle due milanesi, che in Europa non sono approdate ma che, anche lo scorso anno, avevano mantenuto l’obiettivo Europa League, proprio come il Toro: circa 80milioni di euro lordi, infatti, corrispondono sia i nerazzurri, sia i rosoneri, ai loro giocatori. Cifre da capogiro, che vanno quasi a quadruplicare quanto spende Cairo per il suo Toro.

 

L’abito fa il monaco? Può darsi, non sempre. Perché se il Toro poteva sorprendere due anni fa, ora non si nasconde più, e pur mantenendo una gestione economica molto controllata, riesce comunque a mantenere bene chiari gli obiettivi che vanno davvero oltre alla tranquilla salvezza. Certo, l’inizio del campionato è sempre un’arma a doppio taglio, ma che il club granata, nelle vesti non tanto improvvisate di Davide, possa battere dei colossi come Golia, può diventare una realtà.

 


Toro, due giorni di riposo: martedì la ripresa

La rassegna stampa del 6 settembre 2015