Il mito del campo Filadefia non nasce soltanto (ma ce ne sarebbe comunque a sufficienza), con il Grande Torino di Valentino Mazzola e compagni, ma sin dal suo primo sorgere, consegnando alla storia della città e del calcio italiano alcune pagine indimenticabili. Anche se il nuovo impianto non potrà più, se non in misura ridotta, elargire emozioni tanto intense, è sembrato beneaugurante accompagnarne l’iter della nascita concreta con la rievocazione di quelle che sono state, nel tempo, le partite più avvincenti – viene da dire epiche – che vi hanno trovato teatro.
Franco Ossola
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19 dicembre 1926
Torino-Livorno 8-0 (4-0)
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Il nuovissimo Campo Torino è stato inaugurato da appena due mesi in un tripudio di suoni e colori, ma soprattutto di gol. L’ospite di turno, la pur coriacea Fortitudo Roma, è stata travolta (4-0) dall’impeto dei granata guidati da capitan Baloncieri, troppo intensi per non vincere un match della cui importanza storica erano ben consapevoli.
Immediatamente dopo, in sequenza, sono cadute sul prato granata il Padova, la Sampierdarenese e l’Andrea Doria. Per loro non c’è stato scampo, hanno dovuto cedere le armi allo strapotere di un undici superiore, nel tono della classe espressa e nel modulo di gioco, sempre brillantemente teso alla vittoria, alla ricerca del punto.
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Oggi, a pochi giorni dal Natale, alla decima di andata del girone eliminatorio gruppo B, il cartellone del Campionato prevede l’arrivo delle “triglie” livornesi. Con questo appellativo, folcloristico e simpatico, è il celebre Carlin Bergoglio ad aver battezzato la compagine toscana, più semplicemente detta degli “amaranto” per i non strettamente addetti ai lavori.
Un squadra, quella ospite, di tutto rispetto e che schiera alcuni elementi decisamente di spicco. Primo fra tutti il capitano Magnozzi, giĂ piĂą volte azzurro, detto il “motorino” per l’instancabile suo correre in lungo e in largo per il campo. Lo seguono a ruota Vincenzi –detto il “moro” per una carnagione singolarmente scura – il poderoso terzino destinato a transitare proprio l’anno seguente nelle file granata e Pitto, un meraviglioso atleta, dal fisico pressochĂ© perfetto, anch’egli sulla rampa di lancio per conquistarsi un posto in Nazionale.
Un buon complesso, ma che non può impensierire un Toro così lanciato, così ricco di risorse, come quello che il conte Marone Cinzano ha messo insieme sacrificando, per il sostegno delle tante spese, niente meno che una scuderia di cavalli.
Se già il giorno dell’inaugurazione Gino Rossetti si era scatenato, avendo però a condividere con Julio Libonatti la gloria del bottino (due reti a testa), oggi gode di una vena realizzativa ancora più straripante. Delle 8 reti che si conteranno al termine della partita, ben 5 (leggasi cinque) portano la sua firma. Per non dar più peso a un tempo piuttosto che all’altro, i granata pensano bene di spartire perfettamente il punteggio: 4 gol nella prima e altrettanti nella seconda frazione di gioco: una perfetta alchimia.
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I primi 4 confetti che il Toro consegna ai livornesi sono raffiche micidiali. Per due volte, a strettissimo giro di posta, arriva un uno-due che stroncherebbe chiunque, anche l’avversario più agguerrito e determinato. Al primo doppietto ci pensa Rossetti dopo una ventina di minuti. Al 23°
imbeccato da Libonatti scaraventa in gol, ripetendo in fotocopia l’impresa un solo minuto dopo. Per il secondo bum-bum Rossetti lascia che a lui si aggreghi Libonatti. Non sono trascorsi che 10 minuti. Al 34° un pallone di Baloncieri respinto dal palo è preda di Gino che lo caccia dentro e un attimo dopo tocca a Libonatti fare tutto da solo: si incunea, come lui solo sa fare, in mezzo a due difensori e insacca il poker. Tutti negli spogliatoi per il the.
Al rientro la musica non cambia. Il Toro fa la partita: va ancora a segno Rossetti su cross di Serafino Carrera (61°), un’aletta svelta e altruista, che una quindicina di minuti dopo è di nuovo al servizio di Baloncieri per il sesto punto. Settimo ed ottavo ricalcano la trama delle due scoppole iniziali: nascono nel giro di due minuti. All’87° ancora l’insaziabile Rossetti si avventa su una punizione battuta da Cesare Martin e completa il suo giorno di gloria, mentre il sigillo finale lo pone Baloncieri, per l’ennesima volta ben servito da Carrera.
Stop, il massacro è compiuto, si va sotto la doccia.
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Il Torino ha nuovamente impressionato. La stampa del giorno dopo sentenzia: “Otto gol, tutti bellissimi, di prepotenza e autorità . La prima linea del Torino è senz’altro oggi la più stilistica d’Italia”.
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Questi gli atleti scesi sul terreno del Filadelfia.
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Torino: Savino, Balacics, Martin II, Staccione I, Janni, Sperone, Carrera, Baloncieri, Libonatti, Rossetti II, Franzoni.
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Livorno: Lipizer, Vincenzi, Paolini, Giraldi, Pitto, Innocenzo II, Scazzola, Bandini, Baldi, Magnozzi, Silvestri.
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Arbitro: Pinasco di Genova