Fortemente voluto da Radice, arriva nel Toro nel 1975 formando, insieme a Eraldo Pecci e Renato Zaccarelli il miglior centrocampo della Serie A, aggiudicandosi lo scudetto del 1976. Parliamo ovviamente di Patrizio Sala, centrocampista che con la maglia del Toro visse di certo uno dei momenti più belli della sua carriera da calciatore e che oggi, in esclusiva per Toro.it ci racconta come vede la sua ex squadra, in un momento non facile per l’ambiente granata.

 

Non è un periodo facile per il Toro. Che idea si è fatto?
Ho seguito il Toro e mi sono fatto un’idea chiara soprattutto dopo la sconfitta contro il Carpi. Manca l’aggressività e l’intensità. Poi, certo, c’è stata anche un po’di sfortuna e si sa gli episodi a volte possono portare a risultati positivi e a volte a risultati negativi. Sono certo però che la sfortuna a volte ce la si vada anche un po’a cercare. Basta vedere le partite contro Genoa e Inter. Se contro il Genoa può anche starci il 3-3, anche se arrivato alla fine, con l’Inter è vero hai perso ma il problema resta come hai perso. Credo che il Toro abbia ovviamente a possibilità di riprendere il cammino, dopo Carpi sono usciti tutti un po’frastornati ma si deve ripartire.

 

Si è parlato tanto degli infortuni. Comincia a diventare un alibi più che un reale problema?

Secondo me sì. La rosa del Toro è competitiva e credo possa esserlo per fare un campionato medio-alto. Intendo uno da settimo, ottavo posto. Poi è chiaro che se si arrivasse terzi sarebbe ancora meglio ma si deve rimanere con i piedi per terra. Gli infortuni purtroppo ci sono stati e non aiutano ma non è colpa di nessuno. In generale il problema del Toro credo sia più riscontrabile in un calo di attenzione e di determinazione. Ci vuole più precisione e più aggressività.

 

Un dato preoccupante è il numero di partite in cui il Toro prima di reagire è andato in svantaggio.

Penso sia una cosa abbastanza casuale. Certo se continuasse così allora diventerebbe un problema e non più un caso, però ci può stare. Questo dimostra però quello che dicevo prima. Il Toro ha quasi sempre recuperato dopo lo svantaggio, dimostrando carattere. È quella la base da cui ripartire. Inizialmente si pensava si dovesse fare un campionato di vertice e forse questo ha influito in maniera negativa e la dimostrazione è la sconfitta di Carpi. Bisogna ritrovare la concentrazione e l’umiltà di inizio stagione.

 

Il Toro gioca più o meno sempre allo stesso modo. È diventato troppo prevedibile?

Quando i tempi di gioco sono assimilati perfettamente dalla squadra e ti accorgi che il gruppo ha un’identità indubbiamente è difficile per un allenatore cambiare. Soprattutto quando ti rendi conto che con quel modo di giocare hai portato a casa risultati importanti. Indubbiamente però una doppia identità può essere utile, soprattutto in momenti difficili quando cambiare, anche nel corso della partita, può spiazzare l’avversario. Cambiare, ripeto, è difficile ma se i risultati continuassero a non arriva sicuramente qualcosa andrà cambiato.

 

Un reparto che non sembra affatto quello dello scorso anno è la difesa. Cosa ne pensa?

Penso che in realtà sia un tutt’uno. Se la difesa prende gol è anche un problema del centrocampo non solo dei difensori. Baselli è un giocatore più offensivo, Acquah fa tutte e due le fasi mentre Vives è più concentrato sull’impostazione. C’è bisogno che ogni reparto sia più attento nel calibrare bene la fase offensiva con quella difensiva. È fondamentale guardare come eravamo all’inizio e come siamo adesso e ripartire da quello.

 

In questo periodo sono cominciate a piovere anche diverse critiche nei confronti di Ventura.

Sì, credo che ci sia un po’di assuefazione. Nessuno vuole discutere Ventura: ha ridato vitalità alla squadra e bisogna dargli merito dei risultati raggiunti in questi anni. Però credo sia arrivato il momento di cambiare. Ovviamente non adesso ma a fine stagione. Dopo cinque anni c’è il rischio che molti giocatori si siano un po’adagiati, che pensino di avere il posto assicurato perché Ventura li ha sempre fatti giocare. Credo ci sia bisogno di trovare un allenatore diverso. Ribadisco, non perché Ventura non sia capace ma per dare nuove motivazioni. Magari un giovane emergente che abbia però il carattere e la personalità adatte per un ambiente come quello del Toro.

 

Lei chi chiamerebbe se fosse al posto di Cairo?

Forse Nicola del Bari. Ha giocato al Toro, conosce l’ambiente e personalmente mi piace come fa giocare le sue squadre. È un allenatore capace che ha una bella impostazione. Potrebbe essere un uomo adatto.

 

Spesso si fa il nome di Longo della Primavera.

Sta indubbiamente facendo bene con la Primavera ma bisogna capire se sarebbe in grado di entrare in sintonia con i giocatori. Come persona, intendo, non come allenatore. Bisogna capire se ha il carattere giusto e se è abbastanza autoritario. Un allenatore, a seconda del periodo, deve capire quando essere più autoritario e quando più democratico. Però non lo conosco di persona quindi non posso dirlo.

 

Al ritorno dalla pausa c’è l’Atalanta. Può essere la partita della svolta?

Deve. Il Toro a Bergamo deve assolutamente fare risultato, non per forza vincere, ma non deve assolutamente perdere. Due punti in 6 partite sono troppo pochi, bisogna tornare a fare punti per la classifica ma soprattutto per il morale. A questo punto non importa come giochi, almeno in questo preciso momento, l’importante domenica prossima sarà non perdere.

 

Secondo lei dove può arrivare il Toro di quest’anno?

Secondo me può tranquillamente arrivare in Europa League ma credo che sia necessario fare un ragionamento diverso. Mi aspetto prima di tutto i 40 punti. Questo campionato sta dimostrando che anche chi non gioca bene può avere ottimi risultati, basta vedere l’Inter che pur non giocando un buon calcio è prima in classifica. Anche se adesso il Toro non gioca bene l’importante è che ritrovi carattere e che ricomincia a fare punti. Siamo a quota 15 e la terzultima ne ha 11: non dico di guardarsi dietro ma bisogna ricominciare a guardare la classifica dal basso verso l’alto e mantenere a tutti i costi la classifica. Una volta fatto potrai giocarti le partite anche in modo più tranquillo, magari dando un po’di spazio ai più giovani, se hai il coraggio di farlo, e puntare all’Europa. 


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