Sono molto lontane, echi di un passato remoto, quelle bombe carta che accolsero Gianluca Petrachi nel giorno del suo insediamento come vice di Rino Foschi nel gennaio del 2010. Un affiancamneto che, già si poteva intuire, sarebbe durato molto poco, con l’ex Pisa che era arrivato a Torino “con l’idea di portare un certo modo di fare calcio, ma anche di imparare” aveva dichiarato. Partendo proprio dalla sua esperienza in nerazzurro, che visse anni particolarmente felici con un tecnico che poteva tornare alle luci della ribalta, cioè Giampiero Ventura.

 

Da lì nacque un binomio che in pochi avrebbero potuto pensare sarebbe stato così vincente: prima in Toscana, dove per pochissimo la squadra non raggiunse una clamorosa promozione in Serie A; poi proprio al Toro, quando Petrachi, già ds da un anno e mezzo e confermato nonostante la disastrosa stagione con Lerda (ma Cairo imputò poche colpe al suo dirigente), riuscì a imporsi nella scelta dell’allenatore che intanto aveva esportato la sua idea calcistica, vincente, a Bari.

 

Il binomio si ricompose, quindi, sapendo però che l’obiettivo non era più quello di stupire, ma di trovare nuove certezze. Ricostruire. Tutto cominciò in quell’estate del 2011, quando alle bombe carta si sostituì un diverbio proprio tra Petrachi e un tifoso granata, frustrato per l’ennesima stagione fallimentare, al quale disse “prima vinco, e poi me ne vado“. Allora, Ventura si presentava ai media, con la voglia di far rinascere quella “cellula granata” che diventerà poi tra le frasi proverbiali della sua esperienza a Torino, pronta ad arricchirsi di ulteriori capitoli nei due anni e mezzo che mancano al termine del nuovo contratto, siglato fino al 2018.

 

Nel mezzo, una promozione, un accesso all’Europa League, tanti tabù sfatati, tante plusvalenze, ma anche qualche contrasto con alcuni tifosi dopo qualche insuccesso (si pensi al derby dello scorso anno, o all’ormai famigerato Torino-Genoa del primo anno di A). Un’altalena di emozioni, per Petrachi e Ventura che, per quello che lo stesso ha definito il “secondo ciclo, dopo esser finalmente risaliti“, dovranno ora compiere un ulteriore salto di qualità. Il tempo è dalla loro: il passato più volte si è espresso a loro favore. Al campo, come sempre, il giudizio implacabile.


Ora è ufficiale: Petrachi e Ventura fino al 2018

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