Chissà se la strada giusta è quella di prendere di mira un ambiente come Torino, che in confronto ad altre piazze ha sempre dimostrato una pazienza encomiabile. Chissà se la strada giusta è quella imboccata dal Torino e da Ventura: uomo che solitamente bada poco alle parole e più ai fatti, l’allenatore genovese, che con la cultura del lavoro, delle ore passate in Sisport a preparare le partite, e per la capacità di rimettere a nuovo giocatori dati per finiti si è costruito un piccolo fortino quasi inespugnabile.
Un tecnico che nel 2015 ha portato il Toro a rivincere un derby dopo 20 anni, ad espugnare un campo come quello dell’Athletic Bilbao, a battere l’Inter nel suo stadio dopo quasi trent’anni e a lottare per il secondo anno consecutivo per un posto in Europa League. La sconfitta contro l’Udinese, la gara di commiato di questo anno solare che tante soddisfazioni ha dato al tifoso granata, è l’emblema di un Toro che quando sembra potersi avvicinare ad entrare nella storia o a scrivere dei record si ferma invece sulla soglia.
Una settimana difficile, quella dei granata e di Ventura: prima un derby non giocato mercoledì sera, poi lo spettacolo offerto ieri contro l’Udinese. Non è la sconfitta in sé a rendere preoccupante la situazione quanto il fatto che la squadra che si pensava fosse pronta per lottare per l’Europa League, la squadra per la cui costruzione Cairo ha speso fior di quattrini in estate consegnando una rosa di tutto rispetto a Ventura, è apparsa ben lontana dal poter essere protagonista in questo campionato. O quel denaro è stato speso male, e a gennaio occorre tornare con forza sul mercato e mettere tutto a posto, o invece la squadra c’è (così del resto hanno detto le prime giornate) ma qualcosa le impedisce di girare a dovere. L’aver puntato il dito contro il tifo granata, reo di aver criticato eccessivamente la sconfitta nel derby, per difendere la squadra è sembrato un tantino ingeneroso (oltretutto nel corso della gara il pubblico ha sostenuto la squadra, salvo fischiare dopo il triplice fischio). Anche perché di critiche doverose si trattava: altrimenti per quale motivo Urbano Cairo in persona avrebbe dovuto sentire la necessità di scusarsi per tale prestazione?
Il Torino è sembrato stanco, sulle gambe, logoro, mentalmente assente, con la testa già in vacanza: più che impaurita la squadra è sembrata svogliata. In dieci contro undici, contro la Juve, aveva tirato i remi in barca e aspettato il triplice fischio pregando di non subire troppi danni. In undici contro dieci, ieri, non solo non ha mai dato l’idea di poter pareggiare i conti contro una squadra in grande emergenza come l’Udinese, ma ha rischiato di subire ancora. Per quale motivo molte squadre costruiscono in dieci le loro imprese e invece per i granata quella dell’inferiorità numerica diventa solo la spiegazione di una sconfitta? Del resto sarebbe bastato mostrare grinta e carattere per rendere la sconfitta più digeribile: altrimenti non si spiegherebbe la decisione dei tifosi in Maratona di acclamare il solo Belotti, unico giudicato meritevole di applausi dopo una partita da archiviare al più presto.