Protagonisti in negativo. Sul banco degli imputati salgono due giocatori che, per un motivo e per l’altro, proprio non si pensava potessero fallire. Eppure, per svariate ragioni, Danilo Avelar e Bruno Peres sono diventati un piccolo caso nel Toro, soprattutto alla luce della brutta partita di ieri, che li ha visti, appunto, protagonisti in negativo. L’ex Cagliari, primo acquisto di un Torino rinnovato nella rosa e nelle ambizioni, è uno dei più grandi oggetti misteriosi di questa stagione: quell’infortunio, con doppia operazione, al menisco, lo ha portato fuori per dei mesi, e oltre alla condizione atletica carente, è subentrata la paura di rifarsi male.

 

Lo si era notato, a più riprese, quando era stato “prestato” alla Primavera; lo si è visto anche ieri, con il giocatore che, di fatto, ha tentato poco di farsi vedere in avanti. Solo tre i cross verso l’attacco, tra l’altro arrivati dalla trequarti (quindi poco pericolosi), tre le palle perse e due i falli commessi. Nessuno ha fatto peggio di lui, considerato anche il fatto che il rigore causato fosse ampiamente evitabile, e dovuto a un intervento in ritardo. L’attenuante dell’assenza c’è, certamente, ma questo Avelar è sembrato troppo brutto per essere vero, e per sacrificare, seppur per un anno, un Antonio Barreca che per mesi, a Cagliari, ha fatto parecchia panchina.

 

Non dissimile il discorso legato a Bruno Peres, che continua a dimostrarsi un giocatore dalle validissime qualità tecniche, ma troppo fini a sé stesse. Vero, il terzino riesce sovente a spaccare in due la difesa avversaria, ma poi si incaponisce in ulteriori dribbling o sconclusionate conclusioni, che vanificano il tutto. L’autogol è figlio di un infortunio personale, ma anche di un’errata lettura difensiva sua e dei compagni. Lettura difensiva che, in generale, anche in questa stagione Peres ha dimostrato di saper eseguire senza particolare profitto, tanto che la maggior parte dei pericoli, per la squadra granata, arrivano dalle sue parti. Un Toro brasiliano, sulle fasce, che ha però smesso di ballare la samba. Un moto d’orgoglio è indispensabile, per non gettare alle ortiche tutto il lavoro svolto e dover ricominciare da zero. Di nuovo.

 

 


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