Il borsino granata è un po’ come la Borsa, i titoli sono rappresentati dai calciatori le cui quotazioni salgono e scendono di partita in partita in base al rendimento, allo stato di forma, alle eventuali squalifiche che ne pregiudicano l’impiego nel turno successivo. A differenza delle pagelle, quindi, il borsino non guarda esclusivamente alla prestazione di giornata ma valuta complessivamente il periodo dei calciatori impiegati utilizzando come parametro la partita disputata ma nel contesto di un arco temporale più ampio.

 

 

 

C’era una volta una squadra che faceva frullare la palla con azioni raramente viste a queste latitudini. E l’artefice di questo piccolo miracolo torinese era un allenatore chiamato mister Libidine. Partita da Cittadella, la brigata granata, attraverso una filosofia di gioco riconoscibile ed a tratti garibaldina, aveva saputo riconquistare un ambiente depresso fino a riportarlo su palcoscenici europei importanti, a domare squadre come Inter e Napoli, a rivincere il derby. E fino alla soddisfazione di guidare la classifica lottando per il primato nelle prime sei giornate distanziando di ben otto lunghezze in classifica i cugini. Roba di appena quattro mesi e mezzo fa, eppure sembra passata un’eternità. Ora la storia di quella squadra – per certi versi e visti i tempi – persino gloriosa si è arenata, quel gioco un tempo libidinoso ora è triste e involuto, i risultati (due punti nelle ultime cinque partite, quindici nelle ultime diciotto) sono da media retrocessione.  

 

L’ultima umiliante sconfitta contro il Chievo sembra aver definitivamente chiuso quella storia e ciò è stato certificato dai fischi dei tifosi al 90’ all’indirizzo del simbolo di quella storia, del guru Ventura, un tempo vate e profeta di una bella storia, ora schiacciato dal peso delle sue stesse convinzioni ed alchimie. 

 

Perché se è vero che l’autogol di Bruno Peres ha aperto la strada alla squadra di Maran ed alla depressione dei granata, quello di Ventura con le sue scelte tattiche ed i suoi cambi persino controproducenti (in contrasto col coraggio fatto intravedere appena quattro giorni prima) l’ha definitivamente chiuso ridando coraggio ad avversari che nei primi 20 – 30 minuti sembravano in balia di Bruno Peres e compagni. Poi la luce si è spenta e il tecnico si è preso le sue colpe ma i giocatori ora non si nascondano dietro di lui, sono loro i primi ad essere chiamati ad una reazione prima che la situazione diventi pericolosa. Alibi non ce ne sono più per nessuno, tantomeno per chi va in campo e può cambiare il destino. 

 

CHI SALE: 

 

FARNERUD         uno dei pochi che può trovare motivi per sorridere. Dopo il lunghissimo calvario ricalca nuovamente l’erba dell’Olimpico. Nei minuti concessi conquista una punizione interessante e fa vedere che può recuperare in tempo per il finale di campionato. 

 

OBI          anche il nigeriano torna dopo uno stop (decisamente meno lungo di quello dello svedese). Gioca da titolare e in avvio fa vedere qualcosa con tocchi di prima e lottando col piglio giusto. Poi si spegne nell’anonimato. Ma almeno sembra uscito dal tunnel. 

 

BENASSI          il centrocampista è il più in palla tra i granata, non solo perché realizza il gol dell’illusorio vantaggio ma perché si fa trovare, cerca ripetutamente la porta e si dimostra molto attivo. La sua sostituzione apparentemente inspiegabile è una delle accuse più concrete mosse a Ventura nel post partita. 

 

STABILI: 

 

GAZZI         parte benino recuperando la solita mole di palloni e disimpegnandosi con efficacia. Poi perde lucidità e palloni pesanti sulla trequarti ed ai suoi errori i compagni devono recuperare anche con falli compromettenti. 

 

IMMOBILE           ancora una volta veste egregiamente i panni di assist man agendo sul lato corto sinistro dell’area avversaria. Anche stavolta però non si rivela un cecchino sotto porta ed ha sulla coscienza il mancato raddoppio che avrebbe indirizzato la partita ed un’occasione nel finale. Bene nel velocizzare la manovra. 

 

MAXI LOPEZ            mezzora in campo, dieci minuti in più rispetto a Marassi. Ma stavolta il suo ingresso non è determinante in positivo. Si fa notare solo per le sportellate con gli avversari e per i continui battibecchi con l’arbitro. 

 

MORETTI           non ha colpe specifiche sui gol clivensi, anzi salva la porta di Padelli intercettando un tiro a botta sicura di Birsa e più di un passaggio pericoloso. Tuttavia in alcuni frangenti anche lui sembra smarrito e sbaglia qualche passaggio. 

 

MAKSIMOVIC          recupera a qualche amnesia difensiva con disimpegni apparentemente rischiosi ed avanzate che creano superiorità numerica nella trequarti avversaria. Cerca anche lo spunto tentando il lancio verticale vincente ma la mira non è la solita. 

 

PADELLI           compie una buona parata di piede su tiro di Inglese, non è altrettanto bravo nei rinvii corti e sembra troppo rassegnato sul calcio di rigore facendosi spiazzare per due volte da conclusioni non irresistibili. Bene nelle uscite basse. 

 

BELOTTI         non gli si può gettare la croce addosso per non esser riuscito a replicare la partita di mercoledì, non può avere costanza alla sua età e nemmeno ricevere assist invitanti ogni partita. Anzi, stavolta è lui a spizzare di testa un ottimo pallone in area al compagno Immobile. 

 

CHI SCENDE: 

 

B. PERES         forse talvolta sembra predicare nel deserto, tuttavia spesso gli manca la precisione nell’ultimo tocco, sia esso passaggio o tiro in porta. Solite lacune in fase difensiva, l’autogol ne è una prova per mancato senso di posizione. 

 

GLIK          la difesa è diventata un colabrodo, eppure sono gli stessi uomini di un anno fa ed a maggior ragione sarebbe dovuto essere il punto di forza della squadra. Il capitano è il simbolo di questo periodo nero, non solo per disimpegni e tempi sbagliati ma soprattutto per il fatto che non sa strigliare i compagni, il capitano è lui: lo dimostri. 

 

AVELAR        i dubbi delle ultime settimane sul suo effettivo recupero alla causa e le critiche a Ventura per non averlo schierato hanno trovato risposta nella scialba prestazione di domenica. L’unica nota positiva è il lancio che innesca Immobile sull’azione del gol, il rigore causato con dabbenaggine quella più negativa. 

 

 

 


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