Un urlo, un lungo urlo liberatorio: è questa una delle immagini più emblematiche della partita di ieri sera contro la Roma. E l’urlo non poteva che essere quello di Martinez, il giovane attaccante granata che finalmente è riuscito a sbloccarsi e a riportare i granata in vantaggio, prima che Totti ribaltasse tutto. Un gol che all’attaccante mancava – in serie A – dal 31 maggio 2015, dalla rete contro il Cesena nell’ultima di campionato dello scorso anno e che pesava, sulle sue spalle come un macigno (l’altro gol in stagione risale invece alla gara contro il Pescara di Coppa Italia).
Più volte si è raccontato dell’impegno, dell’abnegazione e della grinta che hanno sempre caratterizzato le prestazioni di Martinez ma i complimenti e il riconoscimento per il lavoro hanno sempre fatto da contorno, e da contraltare, alle tante critiche per gli errori sotto porta, per i gol mangiati e per quella troppa frenesia che fino ad oggi lo hanno sempre reso poco lucido davanti al portiere avversario.
Sempre ma non oggi, appunto. Dal primo minuto si è visto un Martinez convinto, cattivo, che cercava e voleva a tutti i costi trovare quella marcatura che gli avrebbe permesso di sbloccarsi, finalmente. Ma il primo tempo sembrava la fotocopia di tante altre prestazioni con almeno due buone occasioni sprecate. Il preludio, almeno apparentemente, di quella che sarebbe potuta essere l’ennesima prestazione del classico allievo bravo ma che non si applica abastanza. E invece no, questa volta il giovane attaccante si applica eccome, colpisce e fa centro.
Ed ecco allora che arriva, quell’urlo che sa più di liberazione che non di esultanza. Una liberazione che gli si legge negli occhi, quando si getta a terra e riceve l’abbraccio dei compagni: da Obi a Gazzi, da Molinaro a Peres ma anche Baselli e Silva che si precipitano dalla panchina ad abbracciarlo. E la scena, per chi è abituato a vederlo pregare pochi secondi prima di tuffarsi in ogni piccola occasione concessagli da Ventura, non poteva che chiudersi allo stesso modo: un ringraziamento al cielo che, speriamo, sia solo il primo di una lunga serie.