Il borsino granata è un po’ come la Borsa, i titoli sono rappresentati dai calciatori le cui quotazioni salgono e scendono di partita in partita in base al rendimento, allo stato di forma, alle eventuali squalifiche che ne pregiudicano l’impiego nel turno successivo. A differenza delle pagelle, quindi, il borsino non guarda esclusivamente alla prestazione di giornata ma valuta complessivamente il periodo dei calciatori impiegati utilizzando come parametro la partita disputata ma nel contesto di un arco temporale più ampio.

 

 

Un anno fa, dopo diverse soddisfazioni sia in Europa che nei patri confini, il Torino riusciva a rivincere il derby e si apprestava a chiudere la stagione con molti rimpianti sfiorando la seconda qualificazione consecutiva in Europa. A dodici mesi di distanza i granata si accingono a chiudere un campionato anonimo nel quale, salvezza a parte, sfuggono anche obiettivi da minimo sindacale come quello di riuscire quantomeno a impedire l’immediata profanazione dello stadio finalmente intitolato alla memoria degli Invincibili al cospetto di una squadra alla terza stagione in serie A nella sua storia.

Appellarsi alle attenuanti che pure ci sono state sia in questa partita (sfortuna per la traversa di Martinez sull’1-1) che nell’intera stagione (mai tanti infortuni come quest’anno, coinvolti ben sedici giocatori spesso per lunghi periodi) significherebbe volgere uno sguardo approssimativo sulle cause dell’annata più incostante e meno soddisfacente della gestione Ventura. Scagliarsi contro il tecnico e farne l’unico capro espiatorio per antipatia o manifesta cocciutaggine nell’insistere con lo stesso gioco e le stesse idee anche quando non funzionano appare invece esercizio facile ma forse piuttosto sterile non avendo riprova che con qualcun altro al timone sarebbe andata o andrebbe meglio.
Certamente bisogna considerare tutto, partendo dai dati: il 3-5-2 modulo ormai superato, il numero esagerato di infortuni, i cali psicologici degli ultimi minuti, il fatto che quasi la metà dei gol subiti (24 su 50) sono arrivati da situazioni di palla inattiva ecc. Tuttavia non si può far a meno di considerare l’elemento essenziale che è mancato in questo campionato e del quale più di ogni altro si alimenta il tifoso del Toro: la determinazione, il furore agonistico. Evitando di scomodare parole e significati ormai consegnati alla storia, al dna e alla leggenda di questa Squadra quali “quarto d’ora granata” e “tremendismo”, affermare che almeno un minimo di “sangue”, di fame, di grinta in più non avrebbe guastato crediamo sia doveroso dirlo senza essere accusati di mancanza di rispetto.

 

CHI SALE:

 

B. PERES praticamente il Toro è tutto nelle sue giocate. Pendolo inesauribile, procura le azioni migliori e realizza anche il gol del momentaneo pari. Quando cala lui, si spegne la luce per tutta la squadra troppo dipendente da sue giocate. 

 

ACQUAH entra quasi a freddo in luogo di Obi che si infortuna nella fase di riscaldamento ed è uno dei pochi a salvarsi, spesso impreciso ma continuo nei compiti di copertura e contrasto.

 

BOVO di nuovo in campo al posto di Maksimovic, risulta il migliore del pacchetto arretrato. Fa buona guardia su Sansone e soci, anticipa, mette pezze e rilancia con precisione. Avere un difensore affidabile in questo periodo è qualcosa che fa notizia.

 

STABILI:

 

BASELLI sta cercando di riprendersi il centrocampo granata. Patisce inizialmente in fase difensiva ma la sua accelerazione propizia il gol di Peres ed è autore di altre buone giocate. Non è decisivo come ad inizio stagione ma i movimenti sono quelli giusti.

 

SILVA come di consueto si adatta ai compiti di terzino con diligenza, senza grandi sbavature e secondo le sue caratteristiche prevalentemente difensive. Suo un buon cross basso per Belotti, stavolta lascia il posto a M. Lopez solo nel finale per esigenze tattiche.

 

GAZZI molto altalenante: talvolta recupera un pallone e subito lo perde o viceversa. Qualche tackle da applausi ma anche un paio di palloni pericolosi persi. Si spende dal limite della propria area fino alla trequarti avversaria e si fa vedere per ricevere il pallone a metà campo ma non basta.

 

FARNERUD il suo ingresso avviene nella fase più delicata del match. Di lì a poco il Torino va sotto e lui, benché diventi il principale catalizzatore di palloni e provi qualche sventagliata, non riesce a trovare la chiave giusta ed anzi commette errori concettuali nel finale.

 

PADELLI per i miracoli non è attrezzato e lo si sapeva. Quando chiamato in causa si fa trovare su tiri semplici e smanaccia palloni velenosi. Sui gol appare pienamente incolpevole sul primo, sugli altri due poteva fare meglio.

 

CHI SCENDE:

 

MORETTI disputa una partita sufficiente con qualche alternanza. Bene quando si sgancia e offre un bel filtrante a Martinez o quando recupera con una buona diagonale nella propria area. Qualche sbavatura però la commette e sul terzo gol è lui a tenere in gioco Trotta.

 

BENASSI come Farnerud entra sul risultato di 1-1 e si ritrova subito a dover costruire l’assalto ma senza idee. Anzi non tocca molti palloni, non si fa notare e si adegua ai ritmi bassi. A differenza di Farnerud però il suo è proprio un periodo no. Evanescente.

 

BELOTTI pronti via ed all’alba del match il gallo prova a cantare, poi sparisce dalla scena provando qualche conclusione disturbata o debole. In più (anzi, in meno) talvolta non si accorge del compagno più libero per passargli il pallone.

 

MARTINEZ segnali d’intesa con i compagni, disturba gli avversari e va bene in profondità. Tuttavia si fa fatica a credere che quella traversa colpita a porta spalancata a fine primo tempo sia più figlia della sfortuna che dei suoi limiti tecnici. E fatalmente quell’episodio rappresenta lo spartiacque della partita.

 

GLIK come spesso accaduto quest’anno è più portato a litigare con gli avversari che ad essere concentrato sul gioco: una fotografia di ciò la regala in occasione del secondo gol neroverde quando per litigare con Acerbi perde di vista Peluso che segna. Un altro errore costato caro dopo quello di Roma.

 

 

 


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