Tutto il Toro minuto per minuto / 11: il libro intervista di Gigi Marengo in esclusiva per Toro.it dal fallimento del Torino Calcio fino all’arrivo di Cairo: “Le pressioni furono enormi”

Continua “Tutto il Toro minuto per minuto” il lungo ed esclusivo libro-intervista su Toro.it a Pierluigi Marengo sulla convulsa estate del 2005, coincisa con il fallimento del Torino Calcio di Cimminelli, con l’arrivo dei Lodisti e con la successiva compravendita della società, trattata da Urbano Cairo. Seguiremo passo dopo passo ogni avvenimento di quell’estate così travagliata per i tifosi del Toro. Ecco la decima puntata: la prima parte delle trattative con Urbano Cairo. A questa pagina potrete trovare lo schema preciso di tutte le puntate.

Siamo ora alla fase più calda dell’agosto 2005, cosa avvenne dopo la riunione di Asti?
La vicenda divenne kafkiana. I giornali del 21 agosto riportarono all’unisono la rinuncia di Cairo all’acquisire il Toro per i famosi contratti della discordia; contratti da lui pubblicamente indicati in numero di 46. Non mancarono poi ripetute pubbliche accuse di Cairo, in particolare nei confronti di Rodda, di “avergli nascosto quei contratti”, accuse sulla cui palese infondatezza ho già detto nella nona puntata. Ciò stante, ritenendo incomprensibile quel rifiuto ad onorare tali contratti, crebbe in me la sensazione che Cairo non avesse avuto, sin dalla sua apparizione sulla scena, alcuna intenzione di acquisire il Toro e che quel suo rifiuto occultasse una volontà di uscire di scena. Contratti che, peraltro, non erano 46 ma solo 35, di cui 27 sportivi, ovvero 5 di allenatori del settore giovanile, 5 di allenatori e preparatori per la prima squadra, 2 di medico e massaggiatore prima squadra e 15 di giocatori; con giocatori ristretti a 15 in quanto, dopo il 17 agosto data di arrivo di Cairo, non sottoscrissi più alcun contratto, nonostante alcuni giocatori non ancora contrattualizzati fossero già presenti in ritiro a Giaveno e, come ricordatomi pochi giorni addietro dal commercialista della società, Padovano mi incalzasse per farmi firmare il contratto di Stellone. A questi 27, si aggiungevano poi i contratti di 3 responsabili di settore societario, 3 magazzinieri, il team manager e l’addetto stampa. In tutto 35 contratti, come da me sempre indicato con assoluta chiarezza non solo a Cairo, ma anche ai giornali. A tali contratti sottoscritti, si univa poi l’impegno morale, ma non giuridico, che ci eravamo dati di assumere 11 ex dipendenti del Torino Calcio fallito; con loro esisteva però solo una generica lettera d’intenti. Per chiarezza riproduco qui l’esatta lista della discordia, pubblicata su Tuttosport il 21/8/2005, motivo del ritiro di Cairo dalla trattativa.

Un pensare ad una riserva mentale di Cairo sulla vicenda che non fu solo mia, ma anche di Giancarlo Laurenzi che, in quel frangente, scrisse: “Non tornano i conti: due giorni fa Cairo urlò di non temere i cingolati della Juve, ieri si è arreso alle pistole ad acqua di Marengo. Non tornano le motivazioni della retromarcia: per lui causa infame sono gli ingaggi di giocatori acquistati da altri, il suo avvocato Trombetta ha convinto Chiamparino che il guaio sarebbero invece i dipendenti del Torino di Cimminelli riassunti dai lodisti per sbrigare le faccende domestiche. Cioè: magazzinieri, centralinisti, bigliettai, indispensabili eroi da 1200 euro al mese. L’archivio racconta che due anni fa l’Urbano fece lo stesso ad Alessandria, davanti alla carcassa di un club di C2 (che infatti fallì): offerta, interviste, pubblicità e fuga…. Gazzoni confessa che da poco Cairo gli ha chiesto il Bologna.” (La Stampa 21/8/2005 prima pagina).
La confusione era quindi massima ed il mondo granata ribolliva sempre più di ora in ora, mentre sotto il mio studio sostavano gruppi di tifosi, che si ingrossavano e s’incazzavano con il passare del tempo.
Lo stesso Sindaco Chiamparino, anche lui probabilmente sconcertato dalla rigida non volontà di Cairo di onorare i contratti in essere, dichiarò a Tuttosport (21/8/2005): “Ciascuno faccia bene i suoi conti. È brutto illudere i tifosi e poi far avere loro questo choc. Cairo li ha fatti sognare e credo che avesse messo in conto di doversi assumere qualche onere”. E, a mio parere, fu proprio questo rifiuto ad onorare i contratti la chiave di lettura di quanto avvenne successivamente. Se Cairo avesse infatti accettato i contratti sottoscritti prima del suo arrivo, come da noi, Giovannone compreso, chiestogli in ambito della conferenza stampa del 19 agosto, tutto sarebbe immediatamente filato liscio. Il tempo per tenere l’Assemblea Straordinaria Soci, già convocata per il 24 agosto, poi tranquillamente dal notaio a sottoscrivere le cessioni quote. Una piena linearità operativa che, ritengo, avrebbe evitando quei tumulti di piazza caratterizzanti l’ultima settimana di agosto e di cui fecero le spese un rappresentante della forza pubblica, vari tifosi e la struttura di un hotel. E questo per non parlare di quanto dovemmo subire Rodda ed io ed ancor più, molto più, Giovannone e Padovano. Una bruttissima pagina di storia granata e cittadina che, a mio parere, si sarebbe evitata, con la semplice accettazione da parte di Cairo dei su indicati contratti.

Come si inserisce in questo contesto la rivendicazione di proprietà fatta da Giovannone?
Sino al pomeriggio del 20 agosto, momento in cui Cairo si ritirò dalla trattativa motivando il suo ritiro per i contratti in essere, Luca Giovannone era totalmente sintonico con noi sulla cessione a Cairo del 100% del Toro. Solo dopo il ritiro dalla trattativa di Cairo, Giovannone iniziò infatti a valutare l’ipotesi di porre se stesso a padrone della società e la valutò, in particolare, a seguito di un suo incontro con un’avvocatessa torinese, un’avvocatessa che ricopriva importanti incarichi politici a livello nazionale, che mi telefonò in quei giorni. E sì… in quel momento arrivarono sulla scena vari esponenti politici; dall’altra parte è noto che, dove vi sono riflettori, non mancano mai i protagonisti della scena e quei protagonisti sicuramente non aiutarono. Non voglio però fare di tutta l’erba un fascio; due esponenti politici apportarono invece un significativo contributo: Marco Rizzo dei Comunisti Italiano e Roberto Salerno di Alleanza Nazionale. Furono i soli due con cui interloquii in quei giorni; con gli altri, tra cui alcuni che erano stati miei colleghi in Regione, rifiutai ogni contatto.
In sintesi, ascrivo quindi l’alzata di scudi di Giovannone del 22 agosto a mera conseguenza della rinuncia espressa da Cairo il 20 agosto sera dopo l’incontro di Asti. Un chiara concretizzazione della nota regola della causa ed effetto. Se la causa, il ritiro di Cairo dalla trattativa per i contratti in essere, non vi fosse stata, a mio parere non vi sarebbe stata neppure l’alzata di scudi di Giovannone…

E sul famoso documento che dava a Giovannone il 51% del Toro che mi dice?
Dico semplicemente quanto già detto nella quarta puntata. Sin da inizio agosto vi fu un accordo tra noi e Giovannone, in virtù del quale il medesimo avrebbe avuto libertà di sottoscrivere il capitale sociale del Toro quale socio di maggioranza; era peraltro un fatto assolutamente noto, pubblicato su tutti i giornali, tra cui La Stampa del 13/8/2005 a pag.34. Nulla quindi di nuovo, nessun documento attestante cose diverse fu mai sottoscritto; semplicemente un fatto arcinoto da settimane, trasformato in un fatto nuovo in quei giorni, con un sbandierato “documento” però ma mai visto da nessuno. Semplicemente rileggendo quanto chiaramente detto nelle scorse puntate, si ha la piena visione di quella che fu la realtà dei fatti con riferimento a Giovannone. Una legittima sua aspettativa a sottoscrivere il capitale sociale del Toro quale socio di maggioranza figlia di quel momento, un’aspettativa che sarebbe venuta meno laddove fosse giunto un grande investitore. Un accordo che fu sempre confermato da Giovannone stesso, tanto al Sindaco in occasione di vari incontri, come da Chiamparino stesso dichiarato: “Davanti a me Giovannone, Rodda e Marengo avevano assicurato prima la cessione dell’80% del Torino poi del l00%” (Tuttosport 23/8/2005 pag.14), che in occasione della conferenza stampa del 19 agosto, ove Giovannone era presente al tavolo da cui venne annunciata la decisione di cedere a Cairo il 100% delle quote del Toro.
Sul suo successivo cambio di posizione, solo Giovannone può dare una risposta precisa, anche se io, alla luce di alcune frasi da lui allora dettemi, ho maturato una mia convinzione.

Che sarebbe?
Il ripetuto rifiuto di Cairo di riconoscere i contratti in essere, ci aveva generato qualche oggettivo dubbio sulla sua reale volontà di investire significativamente nel Toro; se avesse voluto disfarsi dell’interezza di quei contratti, gli bastava infatti risolverli una volta acquisita la società e la totalità delle risoluzioni, comprese quelle di tutti i giocatori ed allenatori, gli sarebbe costata meno di 3 milioni. Una somma oggettivamente minimale, per chi annunciava di voler rifare il Torino di Pulici e Graziani, di voler puntare all’Europa e di voler acquisire lo Stadio in proprietà. E che fosse una somma non certo importante, lo disse in modo esemplare Roberto Condio in un suo articolo: “Onestamente non un cifrone per chi era sceso in campo garantendo un progetto e investimenti importanti e che sapeva di non dover spendere un euro per portarsi a casa il Toro e i suoi tifosi” (La Stampa 21/8/2005). Un iniziale dubbio sulla sua volontà di investire nel Toro poi rafforzato da altri passaggi di quell’articolo, tra cui l’incontro ferragostiano con Cravero ed Arrigoni, ove Cairo “A loro aveva chiesto la disponibilità per l’avventura granata, prospettando però un investimento di 6,5 milioni per costruire la squadra. Tanto per capirci, più o meno quanto previsto dai signori del Lodo”.
Un dubbio sulla volontà di Cairo di investire significativamente sul Toro proprio anche del compianto giornalista supertifoso granata Aurelio Benigno, che in un articolo sul Corriere dello Sport (21/8/2005 pag.16) scisse: “È rottura. Il nuovo Toro rimane ancora nelle mani dei Lodisti Gigi Marengo e Sergio Rodda. Urbano Cairo, invece, lascia e la motivazione appare futile se non grottesca: non se la sente di onorare i contratti in essere con i nuovi dipendenti, dirigenti e giocatori. Questo è il vero vincolo che ha fatto saltare la trattativa, eppure aveva annunciato di avere 30 milioni a disposizione, perché si è fermato di fronte a questo piccolo ostacolo?”.
Ebbene, alla luce di tali oggettivi dubbi sulla proposta Cairo e sulla sua reale volontà di immettere importanti risorse nel Toro, Giovannone probabilmente non ritenne Cairo quel grande investitore di fronte al quale ritirarsi. Non vide cioè in lui quel forte socio di maggioranza su cui si era calibrato il progetto Toro ed allora, ma ripeto è un mio mero parere, ritenne di mantenere su di lui quel ruolo di patron che gli fu riconosciuto sin da inizio agosto, valutando la misura del potenziale investimento di Cairo non difforme da quello che avrebbe operato lui.

Però Giovannone non demorse, neppure quando apparve evidente che non gli sarebbe stato oggettivamente possibile ricoprire il ruolo di patron del Toro.
Questo me lo spiego con l’elemento umano. In quei giorni Giovannone subì di tutto. Insulti, minacce di morte, diffamazioni, calunnie… se l’avessero targato pubblicamente anche come assassino avrebbero completato l’elenco delle ingiurie e diffamazioni del dizionario Treccani della lingua italiana. A fronte di ciò, penso che Giovannone sia andato in eccesso di stress psico-fisico. Un eccesso di stress psico-fisico che, peraltro, era proprio di tutti noi, viste le pressioni che stavamo subendo e la stanchezza generata da due mesi di interrotto lavoro ventre a terra per salvare e rimettere in campo il Toro, ma per lui fu ancor maggiore; fu infatti lui quello tra noi maggiormente diffamato e denigrato.
Un eccesso di stress psico-fisico quindi più che comprensibile ed è notorio che, quando un soggetto viene a trovarsi in tale situazione, non riesce più a vedere con l’oggettiva lucidità i contorni degli eventi. Un eccesso di stress attestato anche dal suo ricovero per problemi cardiologici del 24 agosto. Se poi a ciò si uniscono i non opportuni consigli che ricevette da propri consulenti, la situazione certo non migliora. E se in ultimo si aggiungono le minacce di azioni legali annunciate da Cairo (Tuttosport 23/8/2005 pag.14) e la dichiarata volontà di Cairo stesso di nulla riconoscergli, a fronte di una data disponibilità di Giovannone ad accettare anche solo l’1,8% di quote societarie, ovvero esattamente quanto corrispondente ai 180 mila euro che lui aveva concretamente immesso nel Toro, ecco spiegato l’irrazionale botto finale del “mi tengo tutto io, contro tutto e contro tutti”. Se si fosse potuto dialogare con la necessaria e dovuta serenità, invece che sotto assedio fisico e psicologico, probabilmente nulla sarebbe successo, anche a seguito del ritorno di Cairo alla trattativa dopo i ripetuti annunci di ritiro del 20 agosto di cui ho già detto. Tutto penso si riconduca, anche in questa seconda fase, semplicemente alla regola causa-effetto.
In ogni caso, non ritengo che Giovannone sia oggettivamente stato un ostacolo alla trattativa, nonostante quanto sbandierato dai media. Unico oggettivo elemento che ha dilatato i tempi, portando con se tutto quanto accaduto in piazza, ribadisco che fu, a mio parere, esclusivamente la questione contratti.
Se si analizza la cronologia della trattativa, si rileva infatti che la vicenda Giovannone incise solo per 26 ore, tanto infatti trascorse tra la sua dichiarazione “mi tengo io il Toro” resa il 22 agosto alle ore 19.20 (La Stampa 23 agosto 2005 pag.31 e altri) e la sua firma posta il 23 agosto alle 21.30, davanti al Sindaco Chiamparino, in calce al documento con cui rinunciava a ciò (Repubblica 24 agosto 2005 pag.51 e altri). Nulla quindi di più che un siparietto, sovradimensionato mediaticamente e presentato con un profilo giuridico che definire improprio è già ardito, a partire dalla costruzione di un’opzione che io e Rodda avremmo dato a Giovannone ed avente ad oggetto il 100% del Toro. Anche volendo seguire l’allora sbandierata tesi dell’opzione, l’ipotetica opzione ricevuta da Giovannone a mia firma gli avrebbe conferito il diritto a sottoscrivere l’aumento di capitale sociale nella sola misura del 6,25%, mentre quella di Rodda addirittura zero, visto che, al momento, Sergio non era ancora formalmente socio della società.
Sotto tutti i profili si voglia esaminare la vicenda, vi è quindi un’unica chiave di lettura: Giovannone avrebbe acquisito la quota di maggioranza del Toro solo ed esclusivamente se Cairo non avesse ritenuto di rilevarlo e l’avrebbe acquisita sino all’arrivo di un grande investitore, di cui sarebbe divenuto poi socio di minoranza, così come già detto nelle scorse puntate. L’intero bailamme di quei giorni fu quindi per me solo ed esclusivamente fuffa, null’altro che fuffa. Purtroppo fu però fuffa che generò gravissimi danni collaterali, fatti di violenze fisiche e psicologiche su persone, distruzione di cose e detenzioni. Tutto evitabile…

Torniamo ora alla trattativa.
Una trattativa che portò alla firma finale di cessione su cui mi corre ascrivere dei meriti a tre diversi soggetti, se merito si vuol dare all’essersi prodigati per favorire la cessione del Toro a Cairo. I tre soggetti furono: l’assessore Paolo Peveraro, il Sindaco Sergio Chiamparino e il sen.Roberto Salerno.
Il primo, Peveraro, oltre al cercare di far da calmiere sulle pretese di Cairo, fece anche il boia e l’impiccato, occupandosi in prima persona di ogni questione, ivi compresa la nostra tutela fisica rispetto ad una piazza fortemente minacciosa, e mettendo a completa disposizione il suo ufficio in Comune, quello con il famoso balcone da cui Cairo sventolò la bandiera, mentre la piazza lo proclamava Papa Urbano. Un ufficio che venne quotidianamente presidiato dai collaboratori di Cairo, Ferrauto e Pompignoli, con la costante e continua presenza di svariati avvocati in trasferta da Milano… mi sembrava di trattare il Milan o l’Inter, mi sentivo in una sorta di frullatore ove tutto sapeva di meneghino.
Il secondo, Chiamparino, operò concretamente sulla vicenda dei contratti degli ex dipendenti del Torino Calcio fallito, unico ed autentico nodo del tutto.
Il terzo, Salerno, fu colui che seppe interloquire con Giovannone in quei concitati frangenti, ma di ciò parlerò nella prossima puntata.

Quale fu l’intervento del Sindaco su tali contratti?
Ad un certo punto emerse anche pubblicamente, come ben chiarito in prima pagina su La Stampa del 21/8/2005 con riferimento ad un colloquio tra Chiamparino e l’avv.Trombetta, che il vero problema sui contratti non era quello attinente ai giocatori, ma alle altre figure. In primis i 15 dipendenti ex Torino Calcio fallito, di cui 4 già assunti, tre magazzinieri ed il team manager, ed 11 con un nostro impegno ad assumerli. E la pregnanza di tale problema venne posta da Trombetta nel rischio di configurare una continuità aziendale con il Torino Calcio fallito. Un rischio su cui chiesi il parere a vari miei colleghi fallimentaristi e lavoristi, mentre Rodda interpellò primarie organizzazioni sindacali, tutti esclusero tale rischio. Forse fu giusta l’analisi di Roberto Condio, espressa nell’articolo su La Stampa del 21 agosto su citato: “Cairo non ha nessuna intenzione di assumere ex impiegati di Cimminelli perché conta di risparmiare utilizzando il suo personale di ufficio. Padronissimo di farlo. Peccato solo che una società di calcio richieda professionalità assolutamente particolari.” Un’analisi, peraltro, non smentita da quanto successivamente avvenne, con il Toro da tredici anni posizionato tra la sede di via Arcivescovado e a Milano negli uffici di Cairo e con il posto da team manager, su cui noi avevamo inserito Simone Salvadori, rimasto scoperto nel Toro 2005/2006. Da quel giorno non ebbi più il piacere di leggere articoli di Roberto Condio e Giancarlo Laurenzi portanti analisi sugli eventi.
Un primario problema, quello degli ex dipendenti del Torino Calcio, seguito da quello relativo agli allenatori delle giovanili, che altri non erano che Pigino, Comi, Benedetti, Barbieri e Serena Guinzio.
Su entrambi i problemi mi impuntai anche a costo di rischiare le botte dalla piazza.
Per gli allenatori delle giovanili feci persino venire in Comune le famiglie dei ragazzi, a testimoniare la bravura e professionalità di quegli allenatori. Un incontro in cui le famiglie dissero chiaramente, ai collaboratori di Cairo, che, in mancanza di loro riconferma nel nuovo Toro, avrebbero portato i ragazzi altrove. Fu una battaglia durissima. Ma fu una battaglia vinta; riuscii a far accettare i contratti degli allenatori delle giovanili. Pigino, Comi e Benedetti erano nel corridoio, vicino alla porta ove si discuteva il loro destino contrattuale. Ricordo ancora il loro sospirone di sollievo quando uscii dandogli la buona notizia e l’abbraccio che ricevetti da Pigino. A Natale mi venne recapitata da loro una splendida bottiglia di Cognac, con su scritto: “Grazie Presidente per quanto hai fatto”.
Sui dipendenti ex Torino Calcio fallito, fu invece determinante l’opera di Chiamparino che, pur di risolvere il problema, mise a disposizione il Comune per procedere al loro ricollocamento in altre realtà (Repubblica 21/8/2005 pag.7 e altri). A noi toccò però il compito di chiudere tutti quei rapporti, operazione necessaria per avviare il ricollocamento concordato con il Comune. Fu devastante. Parlare con quelle persone, sbattute fuori senza colpa alcuna da una società a cui avevano dato anni di lavoro e passione, fu per me tristissimo. Ma era parte dell’accordo il doverlo fare e lo feci nell’ufficio dell’assessore Peveraro, mentre la piazza inneggiava a Cairo e volavano ripetuti insulti nei nostri confronti. E loro erano lì, tutti seduti in una camera con gli occhi lucidi come i miei. Fortunatamente l’intervento di Chiamparino ne aveva quanto meno salvato gli stipendi futuri, stipendi tra gli 800 ed i 1200 euro. Non era però stata salvata la loro passata professionalità, i loro attaccamento alla società Toro. Alcuni piangevano, altri guardavano nel vuoto, incapaci di comprendere il perché di quell’ingiusto allontanamento.
Chiuse le partite su allenatori delle giovanili ed ex dipendenti Torino Calcio, si chiusero anche quelle relative ai tre dirigenti societari. Due si dimisero, Tesio e Gabetto, mentre Padovano fu licenziato.
I giocatori, invece, ritengo siano stati giudicati positivamente dal nuovo allenatore Gianni De Biasi, visto che tra loro scelse nientemeno che il Capitano e oltre la metà vennero riconfermati l’anno successivo in serie A. Non a caso, dopo la primaria contestazione sui loro contratti, non divennero più oggetto di discussione. Si procedette solo all’esonero del corpo tecnico di prima squadra.

Andiamo ora all’Assemblea Straordinaria Soci di Società Civile Campo Torino del 24 agosto.
Non penso ci sia più lo spazio per affrontare anche l’Assemblea. Inoltre, poiché pongo in tale Assemblea l’inizio dell’ultima fase di trattativa, ritengo più opportuno parlarne nella prossima puntata, una puntata in origine non prevista, ma resasi necessaria per la complessità della vicenda.


48 Commenti
più nuovi
più vecchi
Inline Feedbacks
View all comments
GranataDentro
5 anni fa

Riciordo agli sfascisti che sono entrati poi, giusto per spargere la loro solita dose di insulti alla caxxum, che sono arrivati però fuori tempo massimo. Senza di loro si è parlato di calcio, di storia, di idee, di Toro. E’ stato ed è bellissimo. E non potete più togliercelo. Riprova… Leggi il resto »

alberto
alberto
5 anni fa
Reply to  GranataDentro

Caro amico non ti crucciare, la mamma dei cretini è sempre incinta e qui c’ è gente che abbonda in cretinismo. Non riesce neanche a capire che l’ alternativa nell’ agosto del 2005 era finire nelle mani di tal Giovannone, alias Mezzaroma (più ancora di Lotito) che qualche anno dopo… Leggi il resto »

GranataDentro
5 anni fa
Reply to  alberto

Grazie per la vicinanza! Però sono tranquillo, i problemi gravi sono altri nella vita. E 4 che urlano insulti qui non sono tra questi. E resto abbastanza convinto di quiel che penso. leggo sempre volentioeri quello che scrivi anche tu. Forza Toro ora e sempre

GranataDentro
5 anni fa
Reply to  GranataDentro

Non pago delle figuracce che hai fatto con la Redazione e con tutti, allorquando la stessa ti ha risposto per le rime facendoti fare la figura del cioccolatino, continui a insultare, e dunque a fare le tue figure. Buon proseguimento

Sergio (Plasticone69)

a chi ci evoca continuamente, tipo cretinodentro, ricordo che il suo caso evidenzia sindromi della famosa SINDROME di STOCCOLMA.
Vedi di curarti amico mio che se va avanti così fra poco ti tocca trovarti un lavoro serio e
devi essere in forma.
alla prossima…

GranataDentro
5 anni fa

Di solito l’insulto alberga o sulla bocca dello stolto o di chi non ha altri argomenti (perchè stolto)

“Dalla conferenza stampa a quei contratti: la prima fase delle trattative con Cairo”

“L’incontro tra Cairo e Giovannone e tutti i retroscena: il Toro è venduto”