L’ex ds del Torino, Rino Foschi, racconta le sue verità e i suoi rimpianti: “Ma non ho rubato nulla”. E su Sirigu e Belotti…
Dire “chiamo da Torino” è la chiave per aprire il baule dei ricordi di Rino Foschi, che fu direttore sportivo sotto la presidenza Cairo dal gennaio 2009 all’Epifania del 2010. Un anno solo, sì, ma denso di delusioni: dalla retrocessione all’avvio da incubo in Serie B, con Colantuono. Il dirigente classe 1946, nella sua Cesena, ogni tanto tira fuori dall’armadio le tute granata d’ordinanza e le indossa per passeggiare. No, il Toro non l’ha dimenticato. E’ anzi una ferita aperta: “Era l’occasione della mia carriera, ma ho sbagliato tutto”, racconta in esclusiva a Toro.it. Il presidente tutt’ora lo stima. Lui lo rimpiange: “Magari trovassi uno come Cairo, in giro!”. Quelle dimissioni di dieci anni fa, Foschi le vive come un fallimento personale: “Pochi giorni dopo il mio addio, la squadra era in viaggio verso Cittadella. Anche io mi trovavo sulla stessa rotta, ma feci di tutto per non incontrare nessuno. Mi vergognavo”. Da qui, partono le sue verità.
Foschi: “Avrei potuto prendere Giampaolo invece di Colantuono”
Rino Foschi, ci riassume la sua avventura in granata?
E’ stata l’esperienza più negativa ma anche la più bella. Conoscevo Cairo da quand’ero al Palermo, mi stimava. E siamo ancora in ottimi rapporti. All’inizio del 2009 mi convinse. Il Toro è stata la piazza più importante della mia carriera, ma ho sbagliato tutto. Siamo andati in Serie B lottando fino alla fine, dopo un mercato di riparazione nel quale non facemmo niente. Prendemmo solo Gasbarroni. Poi Cairo mi convinse a restare anche la stagione successiva: gestendo in un certo modo le trattative riuscii a fare un attivo di 18 milioni, vendendo Rosina allo Zenit per 9 milioni in contanti. Un capolavoro. La squadra non era male. In panchina scegliemmo Colantuono, ma sarebbe dovuto venire Giampaolo (proprio Marco, che ora è effettivamente l’allenatore del Torino, ndr).
Cambierebbe qualcosa di quello che ha fatto al Torino?
Solo la data in cui sono arrivato. Io ho fatto bene da tutte le parti, da Verona a Palermo, anche a Genova. Ma a Torino invece… Comunque l’anno della Serie B la squadra era costruita bene, abbiamo fatto un ottimo mercato. Forse, ma non si deve offendere, abbiamo sbagliato l’allenatore, Colantuono. Io sono un po’ particolare poi: quando non sento la fiducia del proprietario comincio a mollare un po’. E come ho sempre fatto nella mia carriera mi sono dimesso (era il 6 gennaio 2010, ndr), lasciando dei soldi. Il presidente Cairo, sotto Natale, mi informò di voler prendere un giovane per affiancarmi, Petrachi. Io dissi che se c’era qualcosa che non andava nel mio lavoro avrebbe dovuto dirmelo. A me non interessano i contratti, non mi piace prendere lo stipendio a fine mese se non me lo guadagno bene. Presentai Petrachi e pochi giorni dopo mi dimisi.
“Mi assumo tutte le responsabilità. Ma con Rosina ho fatto un capolavoro”
Riavvolgiamo il nastro. Nei suoi primi mesi al Toro, dopo il mercato e tante sconfitte in serie, arrivò il cambio in panchina: dentro Camolese, fuori Novellino. Scelse lei o fu una mossa di Cairo?
Fu una decisione condivisa. Assieme abbiamo esonerato Novellino e assieme abbiamo scelto Camolese. Cairo avrebbe voluto prendere Papadopulo, che poi andò al Bologna, ma io e lui avevamo avuto un rapporto complicato a Palermo. Non ero convinto.
La retrocessione matematica arrivò dopo due partite drammatiche: quella in casa col Genoa, chiusa in rissa, e la trasferta di Roma…
Mi assumo tutte le responsabilità di quanto ho fatto da direttore sportivo del Torino. Tanto è vero che, nel gennaio successivo, ho rotto il contratto senza prendere un euro. Per questo dico che non ha sbagliato solo Cairo: io sono stato artefice, assieme a lui, di tante scelte. Anzi, il presidente mi ha sempre ascoltato, mi faceva lavorare: io sono partito male e sono arrivato ancora peggio.
Nel calciomercato dell’estate 2009 costruì indubbiamente una squadra di livello. E, come diceva, ottenne grandi risultati dalle cessioni. Il colpo migliore?
E’ stato un capolavoro quella sessione. Ma in particolare vado orgoglioso della cessione di Rosina. Era un calciatore che aveva fatto il suo tempo, valeva 2 milioni, massimo 3. E sono riuscito a fare un colpaccio, prendendo 9 milioni in contanti. Nel mercato – mi sento un megalomane – ho fatto buoni numeri dovunque.
Foschi: “Con Giampaolo non improvvisi. E Delio Rossi…”
Come si spiega, però, che quella squadra costruita per stravincere alla fine fece così fatica?
Quando sbagli il primo mattone, sbagli tutto il resto. Si programma in base all’allenatore, ai suoi concetti. Avevamo i giocatori, ma presi l’allenatore sbagliato. Giampaolo? Io l’ho sempre stimato, anche quando ha fatto meno bene. Conoscendo i suoi concetti, non improvvisi niente: puoi programmare. Lui sarebbe stato l’allenatore più adatto. Ma c’erano dei problemi, anche economici, per metterlo sotto contratto. La pressione era tanta e ho virato su Colantuono, al quale mi legava una bella amicizia. Stavamo, tra l’altro, pensando anche a Delio Rossi, che addirittura era già pronto a partire con l’aereo. Lo stoppai. Ma ogni tanto ripenso a quanto è successo: chissà cosa sarebbe accaduto al Toro se già quell’anno avessi preso Giampaolo, o se avessi preso Ventura, che sarebbe poi stata la grande intuizione di Petrachi.
Lei scelse, a fine novembre del 2009, di esonerare Colantuono. Ma cosa è accaduto davvero in quel Torino-Crotone 1-2, che fu fatale al tecnico?
C’era un’aria pesante. Cairo non era soddisfatto né di me né dell’allenatore. Io ci ero dentro fino al collo. Dopo quella partita tornai a Milano con il presidente e scelsi in prima persona di cacciare Colantuono, perché mi sentivo responsabile. Io ho avuto tante soddisfazioni nella mia carriera, ma bisogna ammettere quando si sbaglia. E a Torino ho sbagliato. Certo, ho trovato sempre uno spogliatoio difficile, non era unito né compatto.
Quanto le pesò il clima di contestazione di quel periodo?
L’ho sofferto da matti. Non me lo potrò mai dimenticare. Le poche volte che son tornato a vedere una partita a Torino sono rimasto con la testa bassa. Non ho rubato nulla a nessuno. Ma in quell’esperienza mi sono capitate tutte le cose più brutte che possono capitare a chi fa questo mestiere. Anche Cairo sa che avrei potuto dare molto di più. Il popolo granata è particolare. Ci sono tifosi in tutta Italia. Anche a Cesenatico, qui vicino: sono miei amici, ma ancora mi rinfacciano quell’esperienza. Erano orgogliosi di me quando firmai il contratto, ma poi li ho delusi.
Il presidente ha mai pensato di riportarla a Torino?
Magari! Non ci posso neanche pensare. No, non ho mai avuto la possibilità di tornare. So che in una piazza come quella sarebbe davvero dura.
(Continua a pagina 2 – “Cairo vuole portare in alto il Torino”)
Indimenticata perla della corposa collezione di gioielli caireschi.
Un ruffiano che solo i ruffiani potevano apprezzare, da Cairo ai suoi
venera-bili ruffiani dell’ufficio stampa.
Altro bel par@cul○