Nella conference room dello stadio Olimpico appuntamento di primo mattino per i media con il tecnico Giampiero Ventura. L’allenatore del Toro è appena arrivato e a breve risponderà alle domande dei cronisti presenti.
“Maxi Lopez? Ha lavorato come tutti gli altri. Erano anche solo in due in attacco. Manca Immobile per cui dovremo fare di necessità virtù. Maxi l’anno scorso è stato un giocatore importante, e credo che abbia voglia di essere importante anche ora. Credo valga per lui, come per Martinez: è un’occasione per entrambi per ritagliarsi uno spazio importante in queste settimane“.
“Non penso ci sia molta differenza sulle motivazioni tra noi e l’Inter, anche se gli obiettivi sono diversi. Per noi ci sono di sicuro, noi dobbiamo raccogliere più punti possibili, per un discorso di classifica, e poi fare ulteriori verifiche sotto tanti altri aspetti. Motivazioni ne abbiamo davvero da vendere, penso che la gara di domani oltre che difficile sia estremamente stimolante per i giocatori: vai a giocare a San Siro, in posticipo, con gli occhi di tutti addosso“.
“Periodo decisivo per capire se i giocatori sono da Toro? Mi sembrano frasi un po’ fatte. Parlo per me, se dovessi capire ora chi è da Toro e chi no, vuol dire che avremmo perso tutto il tempo precedente. Noi dobbiamo riprendere il discorso interrotto negli ultimi 5 mesi, dobbiamo capire in cosa abbiamo sbagliato e fare tesoro degli errori, e da questi errori fare ulteriori passi avanti. Quando siamo partiti eravamo convinti che tutti i giocatori che avevamo erano adatti per fare quello che volevamo, e ne sono ancora convinto. Poi sono capitati degli errori, e da parte di tutti: sono esperienze che ci serviranno per il futuro“.
Si è già cominciato a programmare il futuro? “Sostengo da cinque anni che a bocce ferme non si fa nulla. Si costruisce attraverso una programmazione e una presa di coscienza di quello che è utile. Noi siamo partiti cinque anni fa in Serie B giocando in una maniera, e così il primo anno di A; poi visto che il campionato proponeva determinate situazioni tattiche abbiamo optato un cambiamento radicale. Ora il campionato propone altre situazioni,e ci sta che possano esserci altri cambiamenti da parte nostra. Bisogna verificare che siano realizzabili. Trovo che a volte non si parli di calcio, ma del nulla: come posso per esempio giocare ora con il 4-2-4 senza avere un esterno? È evidente che se voglio fare un cambiamento di rotta non devo andare a prendere un esterno, ma quattro o cinque, e quindi devo capire se li posso prendere. È un esempio. Le idee sono chiare, vedremo cosa riusciremo a fare“.
“Abbiamo ancora otto gare, sono tutte delicate. Se abbiamo troppa sufficienza rischiamo di andare a soffrire cose per le quali in questi ultimi anni non eravamo più abituati. Cerchiamo di fare più punti possibili nel minor tempo possibile. Il derby di Coppa Italia? Non è tanto il risultato ad averci creato il problema, ma tutto quello che è conseguito. Per quanto riguarda lo scorso derby penso che il risultato sia stato fasullo, vedendo gli allenamenti sono fiducioso per come stanno allenandosi i miei giocatori, ma è tutto relativo. Prendiamo per esempio l’anno scorso: a San Siro siamo andati a giocarcela a viso aperto lo scorso anno, contro una squadra forte. Abbiamo vinto all’ultimo, sì, ma abbiamo giocato con personalità. Non so se ci sarà la stessa serenità e consapevolezza domani, andiamo a fare questo tipo di verifica“.
“Ripeto, tutto quello che è successo è figlio di errori: miei, dei giocatori, di altri situazioni. Non c’è un fatto specifico. Come in tutte le cose ci sono le annate in cui le cose nascono bene o male. Penso ad Avelar: ha fatto due partite, era il giocatore che cercavamo. Molinaro, che avrebbe dovuto fare un determinato numero di partite, ne ha fatte invece una miriade. Maksimovic ora sta cercando di trovare la condizione che aveva quando si è infortunato prima del campionato. Questa è per esempio una delle tante cause su cui possiamo andare a riflettere. Ma ci sono anche tante altre sfaccettature. Con i se e i ma non si va da nessuna parte: chi pensa di non dover imparare niente dal calcio è presuntuoso. Ogni anno ci lascia qualcosa su cui riflettere, io credo che in questi anni sia stato fatto un lavoro enorme, risolvendo i problemi in tempo reale, senza quasi far rendere conto che ci fossero degli errori. Quest’anno no, è andata diversamente: ma non vogliamo piangerci addosso. Oggi dobbiamo solo essere consapevoli che abbiamo ottenuto meno di quel che avremmo voluto ottenere, per colpa nostra. E su questo dobbiamo andare a lavorare, prima della fine del campionato, con la consapevolezza che se vogliamo possiamo riprendere a fare qualche cosa di positivo. E lo dico per questo campionato: per il futuro qualcosa si è già fatto, e le basi ci sono già“.
“Sono quattro mesi che tutti dicono, scrivono, parlano di cose di cui non sono a conoscenza. È bizzarra come situazione: ho fatto la scelta di non parlare del mio futuro, perché lo trovo sciocco per non usare un altro termine. Stiamo parlando di un allenatore, io, che ha altri due anni di contratto: in questi mesi ho letto di quindi allenatori che sarebbero arrivati qui. A fine campionato c’è una società, che è cresciuta in questi anni molto, la quale deciderà su chi continuare, su chi lo reputerà più opportuno. In questo momento penso di essere io: per il contratto. E poi perché ho molta rabbia in corpo: per quello che è stato detto; per quello che non siamo riusciti a ottenere ma che avremmo potuto ottenere. E quindi quando parlo di futuro parlo anche di me: penso che la mia rabbia sia anche quella di molti giocatori, credo che ci sia una grande voglia per il futuro. Ritorno a dire che le parole dette da me in queste ultime tre settimane di conferenza stampa sono parole assolutamente vere quando parlavo dei programmi del Torino: parlavo di cose serie, concrete, non di chiacchiere. Parlavo di fondamenta. Ma come sempre sarà poi il tempo a dire se erano realizzabili e se sono state realizzate. E se il futuro sarà figlio di quanto costruito“.
“Credo che questi quattro mesi che sono di grande sofferenza hanno lasciato un segno, ma non vanno a cancellare quanto è stato costruito. E non intendo le vittorie: quelle vanno e vengono. Le fondamenta rimangono, se sono solide“.