Asta resta uno dei giocatori più amati del recente passato del Toro: un capitano passionale col fuoco dentro
Da barista a calciatore. E che calciatore. Cuore, polmoni e tanta, tantissima grinta: questo in sintesi, da calciatore, Antonino Asta. Classe 1970, alterna il pallone con il lavoro, fino a quando dopo le esperienze con Corbetta ed Abbiategrasso passa al Saronno, dove ottiene il primo contratto professionistico. Un paio di stagioni al Monza e nell’estate del 1997 su segnalazione di Gigi Radice, suo maestro ed allenatore in Brianza, “TurboTonino” passa al Toro. Faticando, all’inizio, con Souness, Reja e Mondonico. Poi, dopo un intermezzo al Napoli, torna in granata con Cimminelli presidente e Simoni in panchina: diventerà fondamentale, soprattutto da quando Camolese comincerà la sua avventura in prima squadra. Con “Camola”, ecco la fascia di capitano, e i granata volano: lasciate le ultime posizioni della classifica, saranno promossi al termine di quella stessa stagione, all’indomani della vittoria sul campo del Pescara. E come dimenticare il fuoco negli occhi in quell’incredibile 3-3 del 14 ottobre del 2001?
Asta, la Nazionale con Trapattoni
L’anno successivo è quello della qualificazione all’Intertoto, coronata con la convocazione nella nazionale del Trap, in una gara di preparazione al mondiale nippo-coreano contro gli Stati Uniti: è il febbraio del 2002. Poi, l’addio al Toro, per tornare qualche anno dopo da allenatore negli Allievi Regionali del Torino FC, fino a diventare mister della Primavera. Del nostro recente passato, Asta resta uno dei calciatori più amati. E il Toro se lo porta nel cuore.