Esclusiva / Puliciclone fa il punto sul momento del Toro a 360°: “Edera non mi ha sorpreso, sa cosa vuol dire amare questa maglia”
Dici Paolo Pulici e pensi Toro: 436 presenze e 172 gol, record imbattuto di reti nella storia granata. Ma Puliciclone non si ferma ai numeri. La sua grinta, il suo amore viscerale per questi colori lo hanno reso spesso simbolo di un irriducibile granatismo. Che non smette, peraltro, di far trasparire con i fatti e con le parole. Il suo presente racconta di un lavoro quotidiano con i bambini, tra scuole calcio e lezioni in centinaia di classi: il tocco di Paolino per il futuro del calcio. Un tocco granata, ma non potrebbe essere altrimenti.
Paolo Pulici, due vittorie all’Olimpico di Roma, ma troppi pareggi contro squadre alla portata (non ultimo quello contro la Spal): qual è il vero Toro secondo lei?
Le due vittorie conquistate all’Olimpico sono molto belle, anche perché la squadra ha dimostrato di avere carattere e di giocare al meglio. Io dico che se riuscissimo a mantenere questo ritmo anche con le squadre alla nostra portata sarebbe decisamente meglio per tutti. Credo che il traguardo dell’Europa dovrebbe essere quello più importante e la dimostrazione l’abbiamo avuta un po’ di anni fa quando siamo andati in Europa League grazie al Parma: lo stadio non bastava più, c’era troppa gente. Del resto conoscendo i tifosi del Toro so benissimo che se gli danno una minima parte di soddisfazione allora ti riempiono sempre lo stadio.
L’entusiasmo della piazza è fondamentale per questa squadra, e lo è sempre stato…
Io dico sempre che in campo la partita dura 90’, noi abbiamo un vantaggio e i ragazzi lo hanno dimostrato due volte quest’anno. Vincere all’Olimpico ha dimostrato che, in parte, hanno capito cosa vuol dire essere del Toro. Non è una cosa da tutti i giorni.
Una domanda su Edera – visto che lei si occupa di giovani -una delle scoperte più grandi di questa stagione. L’ha sorpresa?
Non mi ha sorpreso. Edera ha fatto la trafila nel settore giovanile e quindi sa cosa vuol dire essere del Toro. Non è per dire che noi siamo più bravi o altro, però se i ragazzi imparano a capire l’importanza di appartenere a una società, tutto questo va a vantaggio della squadra. Diventa tutto più semplice quando si è in campo, perché si gioca con il carattere giusto e si ottengono dei risultati. La corsa in più per la maglia, chi ha indossato quella dei ragazzi la fa di sicuro. Bisogna tenere da conto questi ragazzi, non metterli da parte.
Non si può non chiederle di Belotti: come lo ha visto nell’ultimo periodo?
Andrea deve trovare la tranquillità. E’ logico che il primo anno che giochi con continuità in una categoria tu possa sorprendere: non ti conoscono. Dopo ti prendono le misure e devi stare attento a come giochi. Ma comunque il fatto stesso che lui, in questo momento, stia avendo una reazione è positivo. Vuol dire che ha capito, che sta lavorando sodo e che sta iniziando ad ottenere qualche risultato che qualcuno aveva già iniziato a ritenere impossibile per il ragazzo.
Da Puliciclone a Gallo: ha un consiglio per lui?
Il consiglio per il futuro è uno solo. Io l’ho detto tanti anni fa nello spogliatoio, prima di un derby: in campo siamo undici giocatori, ma noi siamo il Toro, gli altri no! E questo vuol dire che noi dobbiamo sempre tirare fuori il carattere di chi non molla mai e dimostrare agli altri quello che siamo capaci di fare. Se lo facciamo, mettiamo paura e gli altri fanno meno di noi. Quello che gli consiglio è di giocare da Toro e non giocare per ottenere un risultato momentaneo.
Urbano Cairo ha da poco confermato Petrachi come direttore sportivo, nel segno della continuità: che idea si è fatto della società granata?
Io sono stato abituato con un presidente come Pianelli che teneva i giocatori più bravi per fare la squadra forte. Questo non è da tutti, ne sono consapevole, ma è logico che se la società riuscisse a fare ciò che i tifosi chiedono, ovvero di lottare per grandi risultati penso che oltre ad avere più gente allo stadio ci sarebbe in generale più entusiasmo. Certo, già il fatto di essere stabilmente in Serie A è positivo, ma se si riuscisse a fare quel passo in più, allora arriverebbero anche traguardi migliori.
Cosa vede nel futuro del Toro?
Da torinista, quale sono, spero che possa entrare in Coppa Uefa. Poi, dopo, i risultati arriveranno di sicuro per la soddisfazione maggiore che ne deriverà. E così anche il rispetto verso questa squadra.
Il Filadelfia è tornato davvero la casa del Toro?
Io penso di sì. Il fatto di avere i tifosi a contatto non è un handicap. Quando qualcheduno affermava che le porte andavano tenute chiuse perché era necessario svolgere degli allenamenti che le altre squadre non potevano vedere, chiaramente diceva una buffonata. Io dico sempre che se vuoi sapere il modo di giocare di una squadra la osservi alla domenica, non in settimana. Perché in settimana possono fare anche ventimila prove, ma poi quello che conta è ciò che fanno vedere in partita. Il fatto di avere i tifosi vicino, poi, potrà permettere di ricreare la favola del Toro. Quella di un ragazzino che esce dall’allenamento e si sente dire: “Hai fatto una giocata come quelle di Claudio Sala, Eraldo Pecci o Ciccio Graziani”; ma questo ragazzino diventa matto. Semplicemente perché quei giocatori potrebbero essere i suoi idoli. Ma questo lo possono dare solo i tifosi. Gli allenamenti murati non ti danno niente da questo punto di vista ed è per questo che sempre sosterrò la necessità di tenere il Fila aperto.
Spostiamoci un attimo dall’ambiente Toro. Il calcio italiano ha vissuto uno dei suoi momenti più bui: quali sono le sue idee per ripartire?
Negli anni 70’, quando giocavo io, avevano chiuso agli stranieri e abbiamo vinto un Mondiale. Scendendo in campo ora, non ti trovi davanti neanche un calciatore italiano. Per questo, come ho già detto, se mi chiedessero di fare il ct della Nazionale io rifiuterei perché non avrei possibilità di scelta tra i giocatori. E poi, in secondo luogo, la Nazionale va rispettata: non si può pensare solo ad un’utopica vittoria senza pensare a chi va in campo. Ma intendiamoci, i nostri giocatori non sono scarsi come li si vuole far passare.
Tra pochi giorni ci sarà un derby, in Coppa Italia. Per Paolino Pulici non era mai una partita come le altre, per usare un eufemismo. Ma qual è il suo ricordo più bello? Senza dubbio quando Dino Zoff mi ha rimbrottato per avermi dato dei consigli su come calciare (e su come fare gol) e io il gol glielo facevo. E’ stata una grandissima soddisfazione. Se poi penso che ci fu un periodo nel quale nessun giocatore della Juve mi voleva marcare allora mi rendo conto che forse avevo interpretato bene lo spirito del Toro.
E i giocatori di Mihajlovic come lo devono interpretare questo derby?
Devono andare in campo convinti che gli avversari non sono più forti. Sono undici come loro. Se loro saranno convinti della loro forza allora potranno fare risultato, ma se entreranno mosci e già sconfitti sul rettangolo verde allora non potranno che andare incontro ad una delusione.
Tutto vero, caro Paolino, ma oggi, purtroppo, il calcio è diverso e persone come il cav. Orfeo Pianelli non ci sono più! F.V.C.G.
Io capisco chi ha citato Niang nei giocatori che non rappresentano il giocatore da toro. Ma Liajc cosa c’entra?!? Forse non farà la differenza sempre ma qui finora è stato praticamente irreprensibile. Ha sempre corso, ha fatto l’ala anche se è una mezza punta, l’unico giocatore che si fa dare… Leggi il resto »
Ho letto i commenti sotto e trovo centrati quello di Mick Talbot e di Brunogranata. Il calcio di Pulici aveva valori diversi conw diversa era la società. Non era globalizzata e pertanto era possibile sfuggire a certe regole, quella dell’apparire piuttosto che dell’essere in primis. Giravano meno soldi, c’era meno… Leggi il resto »