Torna la Rubrica di Franco Ossola “Ieri, oggi e domani”, che ripercorre tutta l’emozione del grande storico granata per la giornata di Superga
Quanta emozione in questo 4 maggio! La mattina del giorno prima la notizia che certi cafoni avevano imbrattato alcuni muri della salita a Superga con scritte becere.
Le pronte rassicurazioni della sindaca Appendino che sarebbero state rimosse.
La solerte, immediata presa di posizione di Marchisio, primo a farlo, che stigmatizzava con forza il brutto gesto. Lui che sin da bambino si era da sempre fieramente opposto ai coetanei granata, ingaggiando infinite rincorse nei tanti derby giocati con cavalleria e fair play.
La mattina del 4, nella Sala dell’Orologio in Comune, la conferenza stampa sul Filadelfia e le dinamiche relative all’inaugurazione. Una sala colma di giornalisti, televisioni, ex giocatori, rappresentanti delle istituzioni, la direzione della Fondazione al completo, i rappresentanti del Torino…
Il pomeriggio il pellegrinaggio al colle.
Lo stop alle auto ha reso ancora più meritevole la fatica di chi è arrivato alla Basilica. Salendo lentamente si vedevano giovani e meno giovani, avanzare con faticosa gioia lungo il pendio, rallegrati dal giorno di comunione granata e, al contempo, rattristati non solo dal tempo minaccioso ma da quel senso di struggente melanconia inevitabile, per chi vuole bene al Toro, in questo particolarissimo giorno.
I pensieri che in loro si accavallavano: che sarebbe stato non fosse accaduto? Quale strada avrebbe percorso il nostro Toro? Quanta gloria ancora si sarebbero caricati sulle spalle e quanta gioia ancora avrebbe generosamente donato ai tifosi? E noi tifosi, come saremmo stati, saremmo diventati diversi, quale sarebbe stata la nostra storia, il nostro cammino?
Poi la messa, concelebrata da una squadra, vera e propria, di sacerdoti.
E i bambini, piccoli e piccolissimi, qualcuno grandicello, come ipnotizzati dalla cerimonia e dalla personalità di don Riccardo. Un’eredità , la sua, pesante come quella che ricevettero i ragazzi del ’49 quando, indossate le maglie dei Campionissimi, si ritrovarono catapultati in campo per cercare di far la loro parte nel modo migliore.
La visita alla lapide, fra qualche spintarella per tentare di arrivarci vicino, per riuscire a vedere e sentire Andrea Belotti, l’odierna icona granata, seriosamente intento a declamare i nomi scolpiti nel marmo, ahi. molto segnato dal tempo. La sua voce non ha tremato: li ha chiamati uno ad uno con la stessa energia e convinzione che mette in campo, con l’impegno concreto, visibile nel volto serissimo e compreso nell’impegno, che sciorina ogni domenica a caccia di gol.
Giusto accanto, fra corone e mazzi di fiori, sciarpe di tante squadre ossequiose, disegni di bimbi e omaggi poetici, una gigantesca raffigurazione dei Campionissimi, posti come a sovrastare il piccolo spiazzo, a sorvegliare dall’alto, facendolo persino con occhi, quelli di Ferraris, che non patirono né videro il fuoco e lo schianto di Superga, per quanto avesse egli condiviso con gli altri molte affermazioni. Vada un grazie lo stesso alle generose mani che hanno issato la grande immagine, anche a nome di chi, caduto, si è visto sottrarre, per mera distrazione, un posto che il fato di morte ebbe invece a riservargli.
E poi la intensa lettera del portiere della Nazionale che reclama con grande vigore la dignitĂ e il rispetto che alla morte si deve riconoscere sempre e comunque.
Un 4 maggio intenso, celebrato con grande compostezza e civiltĂ e reso ancora piĂą apprezzabile dalla mancanza di ogni forma di disturbo sul grande piazzale della chiesa.
Grazie Franco. A distanza di quasi 70 anni, il ricordo è più vivo che mai. Torino ha ancora voglia di conoscere, capire e ricordare questi ragazzi che insieme furono il Grande Torino: la squadra di calcio di soli italiani più forte del mondo
“qui al Filadelfia si celebra la durata, la continuita’,
Tutto quello che non passa mai,
che ci rende immortali!
Tutto quello che ci fa sentire ora e per sempre…
membri di un qualcosa che non morira’ mai!”
dal film, “Ora e per sempre”