Il prof Bellone aggiunge una pagina al suo album da Guingamp, in attesa dell’arrivo del Toro
Che ci faccio, io, a Guingamp se il Toro non è ancora arrivato? Sono qui, davanti a questa biglietteria rigorosamente sprangata, di fronte allo stadio, anch’esso, ovviamente, chiuso. Lo Stade du Roudourou haun nome pieno di curve, come tutto il quartiere. Poco più di 18 mila posti seduti, inaugurato nell’anno del Delle Alpi e ristrutturato già due volte, per renderlo più confortevole. Certo, si sarebbe anche potuto abbattere e ricostruire, ma qui non siamo nel paese dei balocchi.
Dunque, sono qui e mancano ancora pochi giorni all’amichevole del Toro contro i locali. In realtà non mi sono sbagliato di data. Questo viaggio in Bretagna l’avevo programmato da tempo, ben prima di sapere che i ragazzi ci avrebbero giocato. Non ho mai seguito il Toro in Francia. Non l’ho fatto nella sconfitta di Bastia del 1977, né nell’apoteosi di Nantes nove anni dopo. Con Gigi Radice alla guida erano altri tempi, erano momenti entusiasmanti. Ma, ora che ci sono, mi assale la voglia di fermarmi fino alla gara.
Penso alla squadra dello scorso campionato e provo ad immaginare come potrebbe schierarla in campo Mihajlović. Beh, non c’è molto da immaginare, almeno per ora. È cambiato il portiere e poco altro. L’anno scorso ho goduto davvero fino a dicembre. La squadra girava, giocava, assaliva e provava a ripiegare. C’era un bel mix tra esperienza e gioventù e tanta voglia di stare in campo. Raramente si vedeva equilibrio, spesso distrazioni nelle coperture, colpa non soltanto di una difesa più scarsa della stagione precedente, ma anche di un centrocampo raramente capace di filtrare. Era stato il derby di andata, perso immeritatamente, a segnare una linea sulla stagione. Da quella gara in poi Ljajić aveva cominciato a calare e non sarebbe più stato lo stesso. Ma tutta la squadra sarebbe involuta, probabilmente più di testa che di gambe, perdendo via via il contatto con le società più forti e la convinzione che avrebbe potuto giocarsela alla pari quasi con tutte.
L’analisi dell’ultima stagione l’avevo già chiara prima che terminasse e più cristallina della mia sarà certo stata quella del mister. Oggi mi trovo a chiedermi se il serbo riuscirà a correggere i difetti, senza penalizzare i pregi.
Non mi illudo di avere di fronte una stagione dal cielo sereno, ma mi aspetto almeno la luce nitida di questi paesaggi del nord. Sono pronto ad attendermi momenti di nuvole stratificate, come oggi, ma so che arriverà presto quel vento teso che porta le schiarite. E dopo qualche sgrondata di pioggia tornerà il sole, magari per poco, ma sarà bello.
La gente di Bretagna gode di quello che ha e ne va fiera. A me piacerebbe poterlo fare anche con il mio Toro. Per ora la squadra mi sembra l’Abbaye de Beauport: la vedi da lontano e ti fai l’impressione di una costruzione austera, logorata dagli anni, ma robusta e piena di fascino. Poi ti avvicini e scopri che il portone è stato sostituito da un cancello, come Hart da Sirigu. La facciata e la parte anteriore sono ancora intatte, ma una parete posteriore manca e, soprattutto, non c’è il tetto. L’impianto è sano, ma senza copertura chi può garantire solidità alla struttura? Quel tetto manca come un centrocampista centrale che offra riparo, filtro e sicurezza alle pareti e alle colonne portanti.
Più che sui giocatori, mi concentro sull’atteggiamento che mi piacerebbe vedere in campo. Lo voglio frizzante come il sidro, singolare e ribelle come una birra artigianale della Côtesd’Armor, ruvido ma pieno di sapore, come le ostriche di Sillon de Talbert. Lo pretendo intenso e vivo fino alla fine, come il sole diquesti tramonti infiniti nelle lunghe sere di luglio. Sogno un Toro che salga coprendo ogni spazio e rubando il respiro in un attimo, come la marea a Mont Saint Michel. Ma che sappia ripiegare con ordine, lasciando gli avversari nelle secche, come le barche a Port Lazo nei momenti di bassa. Voglio un Toro sferzante, come il vento di queste terre. Lo voglio fiero, come il Mare del Nord.
Bravo Prof, da quant’e’ che non ti sento su Radio Nostalgia…..come dici tu, vediamo se Sinisa riesce a correggere gli errori, anche suoi
Quando il calcio incontra le emozioni ne esce poesia pura, autentica essenza di una realtà che non c’è più. ..
Bravo professore, bell’articolo pieno di sentimento autenticamente granata.