Il presidente sceglie di non presenziare né al Cimitero Monumentale, né a Superga, come nel 2010: la rottura con la tifoseria sempre più insanabile
Era il 2010. L’ultima volta senza Cairo al Colle, per la tradizionale Messa delle 17, risale a quindici anni fa. Erano gli anni bui della B: l’anno precedente la contestazione a Rosina, nei mesi precedenti un malcontento crescente che aveva convinto il patron a non presenziare a Superga. Anche allora la tifoseria invitava Urbano Cairo a vendere: la risposta del numero uno del club era la stessa di oggi: «Se dovesse arrivare uno più ricco di me…». Tre lustri dopo eccoci ancora qui. A sorpresa Cairo ha scelto una visita in solitaria per evitare una contestazione che sarebbe stata inevitabile. Lo dicono i fatti: al mattino in 25 mila hanno marciato per esprimere l’orgoglio di essere granata e il disappunto per una gestione ritenuta non all’altezza. Al pomeriggio, assente Cairo, i tifosi al piazzale hanno preso di mira Vagnati, che del presidente è il braccio destro, l’uomo operativo sul mercato. La scelta di disertare anche la cerimonia del Cimitero Monumentale stride però con il ruolo istituzionale. Nel giorno del ricordo dei Caduti, in un luogo di preghiera e silenzio, accanto ai familiari delle vittime, a pochi passi da dove riposano tanti dei giocatori di quel Grande Torino, l’assenza ha fatto ancor più rumore. Nessun messaggio, nessun biglietto, nessuna spiegazione ufficiale: solo una fragorosa assenza, non giustificabile con ragioni di ordine pubblico o affini. Il club non annaspa più nelle sabbie mobili della Serie B, ma la rottura tra il presidente e il popolo granata è ancor più evidente e insanabile.
