Ha saputo ricucire il rapporto con una tifoseria che nell’ultimo triennio spesso è stata tirata in ballo in maniera poco lusinghiera
A Monza sembrava una partita casalinga, a Parma il colpo d’occhio della “Curva” granata era ben evidente. Il Torino non lotta per l’Europa, è praticamente salvo, risucchiato nel limbo delle squadre che non hanno più nulla da perdere o da temere. Altrove sarebbe un campionato già andato in archivio, poco interessante. A Torino no, perché non si può negare quanto sia crescente l’entusiasmo intorno ad una squadra che pur non rincorrendo chissà quali posizioni è riuscita ad avvicinarsi ai tifosi, più che ogni altra nelle annate immediatamente precedenti. Il merito è di Paolo Vanoli di cui tutto si può dire tranne che sia un ruffiano. Arrivato in punta di piedi alla sua prima esperienza in Serie A, l’allenatore ha saputo trasmettere la sua emozione senza filtri, riconoscendo tutto il valore e l’importanza della piazza granata. Scontato? No, specialmente in una stagione complessa, se non altro per una contestazione – per qualcuno non abbastanza veemente – che è cresciuta esponenzialmente negli ultimi mesi.Vanoli ha sempre cercato di lasciare la squadra fuori da ogni problematica societaria e mai ha messo becco su una situazione che evidentemente non può conoscere fino in fondo, come non la conosceva chi era seduto su quella panchina prima di lui pur volendo dare lezioni e patenti di tifo. Facile che il settore ospiti trabocchi quando si insegue un sogno: più complicato che questo accada quando c’è poco da sognare. Eppure sta accadendo e questo, in un mondo normale, dovrebbe far riflettere chi ha il dovere di non disperdere questo entusiasmo: ma questa è un’altra storia.
