Parte VI / Il 3 novembre 1927 arrivò la confessione del dirigente del Torino Nani, 24 ore dopo Arpinati emise la sentenza, senza un processo

È l’autunno del 1927 quando, dopo gli articoli pubblicati da Ferminelli su Lo Sport e Il Tifone, inizia l’inchiesta da parte del presidente della FIGC Leandro Arpinati sulla presunta combine di Torino-Juventus. Il primo ad essere interrogato è Francesco Gaudioso, l’intermediario della faccenda che aveva raccontato quanto accaduto a Ferminelli con lo scopo di mettere pressioni al presunto corruttore e ricevere le 10.000 lire mancanti e che, nel frattempo, aveva lasciato Torino per tornare nella sua Sicilia. Lo studente, che è bene ricordare come secondo testimonianze dell’epoca in quell’estate si fosse misteriosamente arricchito (saldò completamente il suo debito con la pensione nel quale alloggiava, la stessa di Allemandi e Ferminelli, comprò vestiti e oggetti di valore per un totale di migliaia di lire), inizialmente negò tutto, poi ammise di aver ricevuto dei soldi da un dirigente del Torino. Arpinati gli chiese il nome, la risposta fu Guido Nani.

Nani fu allora ascoltato dal presidente della FIGC. Anche il revisore dei conti della società granata inizialmente negò ogni responsabilità nella vicenda poi, il 3 novembre arrivò la svolta nell’indagine: Nani, Gaudioso e i calciatori della Juventus Pastore, Munerati e Allemandi furono convocati da Arpinati e interrogati. Il dirigente granata ammise di aver consegnato a Gaudioso le 25.000 lire in questione, forse aggiunge che anche gli altri dirigenti sapevano, poi ritrattò e ripetè all’infinito di aver fatto tutto da solo (versione ripetuta successivamente anche in tribunale). Arpinati a questo punto chiese a Gaudioso i nomi dei calciatori della Juventus a cui fu distribuito il denaro, lo studente siciliano in un primo momento indicò Pastore, Munerati e Allemandi, poi cambiò versione dando anche una spiegazione sul come abbia fatto ad arricchirsi: Gaudioso disse che la combine non ci fu, ma che si tenne il denaro. Se così fosse stato Gaudioso avrebbe rischiato di finire in carcere, Arpinati glielo fece notare e lo studente cambiò versione un’altra volta accusando il solo Allemandi, suo amico oltre che vicino di stanza. Nel frattempo furono interrogati anche i tre calciatori della Juventus: Allemandi raccontò del regalo ricevuto dal compagno Munerati (la cassa di vini donatagli dal presidente del Torino Enrico Marone Cinzano). Agli interrogatori nessuno poté valersi dell’ausilio di un avvocato. Senza sentire Marone Cinzano o qualche altro dirigente granata, senza alcun processo e senza ulteriori prove, ventiquattro ore dopo (il 4 novembre) Arpinati aveva già emesso la sua sentenza: “Il Direttorio federale delibera: 1) Al Torino FC viene tolto il titolo di campione assoluto d’Italia per l’anno sportivo 1926-1927; 2) Sono squalificati a vita, con divieto di ricoprire cariche federali e sociali, i membri del Consiglio Direttivo reggente il Torino FC nei mesi di maggio e giugno 1927”. La sentenza prosegue poi con la squalifica per due anni dei dirigenti granata entrati a far parte successivamente del Consiglio Direttivo, alla società vennero addebitate le spese d’inchiesta, una somma pari a 10.000 lire. Quel giorno tutti i dirigenti del Torino vennero squalificati perché corruttori, ma nessuno fu punito in quanto corrotto.

Poche ora dopo arrivarono, attraverso un comunicato ufficiale, i complimenti della Juventus ad Arpinati per l’inchiesta svolta. Il 6 novembre invece il presidente della FIGC annunciò alla stampa che sarebbe stato squalificato a vita anche Allemandi. Il terzino scoprì la notizia attraverso i giornali, la sentenza definitiva nei suoi confronti arrivò però solamente il 21 novembre: quel lasso di tempo, in cui Arpinati aveva già deciso la sentenza di colpevolezza, servirono al presidente della FIGC per trovare presunte prove di colpevolezza del calciatore. Secondo il regolamento dell’epoca lo scudetto, una volta revocato al Torino, sarebbe dovuto essere assegnato alla seconda classificata, il Bologna. Così invece non fu e, come si legge su La Gazzetta dello Sport del 7 novembre 1927, la motivazione la diede lo stesso Arpinati. “Il titolo passerà ora al Bologna? Assolutamente no. Il risultato dell’inchiesta è tale che ha riportato l’impressione precisa che talune partite di campionato abbiano falsato l’esito del campionato stesso. Il Bologna non avrà perciò il titolo tolto al Torino; il campionato 1926-27 non avrà il suo vincitore”. Oltre le dichiarazioni ufficiali, già all’epoca rimbalzava il sospetto che fu Mussolini in persone a ordinare che lo scudetto rimanesse inassegnato, per non alimentare ulteriori sospetti di favoritismo verso la squadra rossoblù di parte di un importante gerarca fascista come lo era Arpinati. Critiche che sarebbero state rivolte indirettamente allo stesso PNF.

Parte I – L’inchiesta / Torino, lo scudetto revocato del 1927: cosa è ufficialmente accaduto

Parte II – L’inchiesta / Scudetto del ’27, dal fascista Arpinati al bianconero Allemandi: i protagonisti

Parte III – L’inchiesta / Lo scudetto revocato del 1927: Toro-Juve, il derby dello scandalo

Parte IV – L’inchiesta / Scudetto revocato del 1927: scoppia lo scandalo

Parte V – L’inchiesta / Scudetto revocato del 1927: campionato falsato? Sì, ma da Arpinati


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tric
6 anni fa

Non riesco ad appassionarmi per uno scudetto che 90 anni fa ci è stato rubato. Preferirei concentrarmi sulla preparazione di una squadra in grado di vincerne uno nuovo. In tema di ingiustizie è anche peggio quella attuale della distribuzione dei diritti televisivi.

Roberto (RDS 63)
6 anni fa
Reply to  tric

Dai retta a me concentrati su quello del ’27….

Lovi
6 anni fa
Reply to  tric

Scommetto che da studente non ti piaceva la storia.

tric
6 anni fa
Reply to  Lovi

Non me ne ricordo più … :-))

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