Esclusiva / L’intervista di Rolando Bianchi a Toro.it: “La storia granata impone un certo tipo di prospettiva”
Rolando Bianchi è tra i giocatori dell’epoca più recente ad essere entrato nella storia del Toro e dei suoi tifosi. Ha giocato al Torino dal 2008 al 2013: 169 presenze e 71 gol in totale. Ha indossato la fascia da capitano e ha riportato il Toro in Serie A nella stagione 2011/2012. Impossibile dimenticarsi di lui. L’ex numero 9 granata ha rilasciato un’intervista esclusiva a Toro.it.
L’intervista a Rolando Bianchi
Vanoli al Torino la sta convincendo?
“A me Vanoli è sempre piaciuto. Io ho avuto la fortuna di vederlo all’opera quando era al Venezia. L’ho seguito anche quando era in Russia. Ha delle ottime idee. Ma mi aspetto qualcosa in più dai giocatori in campo. L’allenatore è una guida molto importante perché dà una direzione, però sono i giocatori stessi che devono aumentare il rendimento e il livello. Questa è la mia idea: Vanoli sta facendo le sue cose. Poi tutto si può perfezionare, ma lui è un allenatore che ha sempre fatto ottimi campionati”.
Finora il Toro ha deluso e non ha raccolto molti punti, è sembrato spesso troppo molle. Solo questione di tecnica e tattica o anche di atteggiamento?
“Associare il Toro a una squadra “molle” mi fa venire il magone. Puoi avere delle carenze, ma l’aspetto caratteriale e di determinazione, che è la storia del Toro, non può mai mancare. Poi per il resto, si può sempre migliorare. Secondo me la squadra ha un ottimo potenziale, ma l’assenza di Zapata sta pesando molto. Era un giocatore che spostava gli equilibri, mi aspetto di più dagli altri attaccanti, che stanno rendendo poco. Questo è un aspetto che sta mancando molto al Torino”.
A proposito di Zapata, al Toro serve subito un attaccante al suo posto. Secondo lei arriverà nei primi giorni di mercato? C’è un giocatore che preferisce?
“Ci sono due ragionamenti che si possono fare. O prendi un attaccante per questa stagione, oppure lo prendi di prospettiva. Di prospettiva nel senso che prima lo si prende per la salvezza, poi si lavora per il futuro. Oppure ne prendi uno forte adesso, che ti faccia subito la differenza. Ma è difficile da trovare: chi ha l’attaccante forte se lo tiene. Magari trovi qualche alternativa, ma l’attaccante è materia rara. Poi c’è tipo Beto, che essendo in rotta con la società può arrivare. Però devono anche esserci le caratteristiche giuste che chiede l’allenatore. Ce ne vuole uno fisico, che impatti, come Zapata. Sinceramente non ho preferiti. Da giocatore ho vissuto il mercato di gennaio ed è un po’ particolare. Si tratta sempre di un punto di domanda. Io sono più per un mercato fatto a giugno, con una logica ben precisa. Devi avere l’alternativa. Poi a gennaio fai un mercato di riparazione”.
A Torino c’è un clima pesante e di contestazione. Il giocatore ne risente?
“Certo, ma dipende molto dal carattere. La contestazione alla società è, tra virgolette, una sorta di parafulmine per il giocatore. Perché alla fine magari la società viene contestata, non il giocatore. Quindi può pensare solo al campo. Io penso che in questo momento l’ambiente del Torino sia un po’ saturo. Saturo di certe situazioni. La storia del Toro impone un certo tipo di prospettiva. Un ragionamento ben fatto per raggiungere degli obiettivi. La tifoseria non vede questa prospettiva, è in rotta con l’aspetto societario. Io mi auguro che in futuro il Torino possa raggiungere degli obiettivi da Torino. Ma è un lavoro difficile e lungo, ci vogliono figure adatte, che trasmettano determinati tipi di valori e ci vogliono anche i giocatori giusti, non è facile incastrare il tutto. A livello economico il Torino è stabile ma si può e si deve fare di più nella scelta di determinate figure. Non servono stravolgimenti, serve capire le figure. Per colmare il gap con le altre servono idee e programmazione, anche sul settore giovanile. Non bisogna perdere la tifoseria, quella del Toro è calda e passionale e questa forza va sfruttata in modo positivo, non deve diventare un boomerang. Anche se non è facile, vanno fatti dei passi per riportare entusiasmo. Facendo capire se c’è un progetto con del futuro”.
A cosa può ambire il Torino in questa Serie A?
“Ancora presto per dirlo. La salvezza è la base di tutto. Poi sarà importante quello che viene di più. In tutte le cose ci vuole equilibrio, poi il risultato è il frutto della programmazione. Quella conta”.
Il Torino non cè più.
Cè la ridicola cairese con una maglia rosso scura che si spaccia ignobilmente per quella squadra.
È finita da tempo.
Ma adesso, sinceramente, pensiamo che in 30 giorni di mercato di riparazione si cambi radicalmente il modello utilizzato nei 20 anni di gestione precedente?
Io ho poche speranze…
Grande rolando. Grande capitano