Squadre continuamente smantellate, idee confuse: Cairo silura Vanoli ma premia chi non è ancora riuscito a fare un mercato all’altezza
Stavolta è toccato a Vanoli, l’ultimo a commettere l’errore più grande: fidarsi. Prima di lui lo aveva fatto Ivan Juric. Ambizioso, col desiderio di crescere e far crescere una piazza reduce da un paio d’anni complicati. Sembrano due storie diverse, non lo sono. Come non lo sono state in passato, per diversi motivi, quelle di Giampaolo, di Mihajlovic, di Mazzarri. Allenatori sbagliati al momento sbagliato, esonerati troppo presto o troppo tardi, tutti armati delle migliori intenzioni, senza dubbio, ma nella piazza sbagliata e con la dirigenza sbagliata. Vanoli, già a conoscenza dell’addio di Buongiorno, ha sperimentato cosa significhi iniziare un campionato con una squadra e ritrovarsi due giorni dopo con uno dei pezzi da novanta ceduto e non rimpiazzato. Anche Juric aveva rischiato uno scherzo simile a quello di Bellanova, ma con Buongiorno: stessa identica situazione, epilogo opposto per il no del difensore. Per non parlare delle perle, dei calciatori sui quali puntare o scommettere. Demba Seck, quando l’allenatore avrebbe voluto Miranchuk, è solo un esempio, anche perché il meglio lo hanno regalato certi colpi a sorpresa. Da Kabic a Gojak (il 10 del Toro Giampaolo, che ancora si chiede il perché), da Okereke a Salama, negli anni è la dirigenza ad aver dato il meglio di sé, smantellando la squadra o facendo credere di tanto in tanto di aver pescato il fenomeno di turno. Vanoli ha sottolineato qualcosa di sacrosanto, che poi è il concetto che più ha infastidito il presidente (più delle sconfitte e dei risultati): nel calcio o metti tanti soldi, o hai le idee. Se i soldi sono quelli di Cairo e le idee quelle di Vagnati allora è normale che il conto, alla fine, lo paghi sempre l’allenatore.
