L’8 novembre del 1976 il capitano dei capitani, Giorgio Ferrini, lasciava un vuoto incolmabile nel cuore di chi tanto lo aveva amato
Era un combattente, Giorgio Ferrini. Lo era sempre stato. Ma quel maledetto 8 novembre del 1976, quarantuno anni fa come oggi, il suo cuore smise di battere, per sempre. Il mondo granata pianse la scomparsa del più grande, capitano tra i capitani. Giocatore e leader irripetibile, che resterà per sempre nel firmamento delle stelle granata più brillanti, Giorgio inizia a calcare i terreni di gioco con la maglia della Ponziana, piccola squadra nel cuore della sua Trieste; e poi via, verso Torino, dove giocherà per diciassette stagioni, quasi tutte con la fascia di capitano al braccio.
Le 566 presenze totali tra campionato e coppe (che gli valgono ancora oggi il titolo di granata più gettonato nella storia, davanti ad un altro mito come Paolino Pulici, staccato però di ben 129 presenze) non gli permettono però di conquistare uno scudetto che tanto aveva sognato, e che più di ogni altro avrebbe meritato. Non lo vinse però, da calciatore; perché Ferrini inizia una nuova vita calcistica, appendendo gli scarpini al chiodo al termine della stagione 1974/75, diventando il fedelissimo vice di Gigi Radice, proprio nell’anno del primo tricolore del dopo Superga.
Poco dopo, però, il destino è dietro l’angolo e tende al Capitano l’agguato più atroce. Il 27 agosto del 1976 infatti, Giorgio viene colpito da emorragia cerebrale: è grave, ma ha la consueta tempra, la stessa che aveva sul rettangolo verde. Poche settimane di convalescenza e ritorna al proprio ruolo, al fianco di Radice. Ma il destino si accanisce: il 17 ottobre ecco una nuova emorragia, questa volta più grave di quella che lo aveva colpito appena qualche settimana prima, anche perchè recidiva. Giorgio entra in coma, non si risveglierà più: i medici le provano tutte (il 22 ottobre verrà sottoposto a un delicato intervento chirurgico, senza esito). Alle 11,45 di martedì 8 novembre, il Capitano di tante battaglie si arrende.
Al funerale, officiato dal cappellano granata Don Francesco Ferraudo, l’antistadio del Fila trabocca di emozione. Amici e conoscenti, semplici tifosi e calciatori che in disparte, vogliono salutare per l’ultima volta il loro Campione, prima dell’ultimo viaggio, verso il piccolo cimitero di Pino Torinese, dove da quel giorno Giorgio riposa. Ma Ferrini vive ogni giorno nel cuore e nei ricordi di chi lo ha conosciuto e visto giocare, tramandando alle nuove generazioni quello spirito granata che ha incarnato come nessuno, prima e dopo di lui.
Il più grande capitano del toro, lui È il toro e lo sarà per sempre.
Ciao Giorgio, mio Capitano, la nostra amicizia di allora e quella attuale e continuativa delle nostre Famiglie sarà sempre una Parte Vitale del mio cuore e della mia anima.
Sempre e per sempre.
Onore al grande Capitano, con la C maiuscola.